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Ambiente & Società

L’Amazzonia può sopravvivere alla siccità, ma a caro prezzo lo studio shock

Un nuovo studio internazionale rivela che la foresta pluviale potrebbe adattarsi a un mondo più secco, ma con gravi conseguenze ecologiche e climatiche

L’Amazzonia potrebbe sopravvivere a lunghi periodi di siccità causati dal cambiamento climatico, ma a costo della sua stessa integrità. È quanto emerge da uno studio pubblicato su Nature Ecology and Evolution, guidato da un team di scienziati delle università di Edimburgo, Exeter, Cardiff e del Brasile. Per 22 anni, in una porzione di foresta nel nord-est del Brasile, è stata simulata una siccità prolungata tramite l’installazione di pannelli trasparenti che deviano metà dell’acqua piovana lontano dagli alberi. Il risultato? La morte di gran parte degli alberi più grandi e la perdita di oltre un terzo della biomassa totale della foresta.

Un prezzo altissimo: perdita di alberi e rilascio di carbonio

La riduzione drastica della biomassa, tronchi, rami, radici, ha comportato il rilascio di grandi quantità di carbonio nell’atmosfera. Questo indebolisce la funzione fondamentale dell’Amazzonia come pozzo di carbonio, cioè come regolatore delle emissioni globali. “Anche se la foresta si è stabilizzata dopo i primi 15 anni, la sua capacità di assorbire carbonio è molto più bassa,” spiega il dottor Pablo Sanchez Martinez dell’Università di Edimburgo, autore principale dello studio. Gli alberi superstiti, infatti, mostrano una certa resilienza, ma la foresta che ne risulta è più rada, meno ricca, e più vulnerabile.

Un ecosistema in trasformazione: dalla giungla alla savana?

Lo studio conferma quanto denunciato anche dal WWF: senza interventi radicali, l’Amazzonia rischia di oltrepassare un punto di non ritorno (tipping point), trasformandosi progressivamente in una savana arida. “Se un ulteriore 5% della foresta verrà distrutto, l’intero ecosistema amazzonico perderà la sua capacità di rigenerarsi”, si legge nel nuovo report della campagna SOS Amazzonia. Dal 1970 ad oggi, il 17% dell’Amazzonia è già andato perso. E sebbene i tassi di deforestazione si siano in parte stabilizzati, le nuove minacce, siccità, incendi, deforestazione, crisi climatica e speculazioni agricole, stanno spingendo la foresta verso il collasso.

Gli incendi del 2024 e la crisi in Bolivia

Il 2024 è stato un anno nero per la foresta: oltre 6 milioni di ettari bruciati, 250.000 incendi registrati, con un aumento del 55% rispetto allo stesso periodo del 2023. Particolarmente colpita l’Amazzonia boliviana, dove il 34,7% della copertura forestale è già stato distrutto. Secondo il WWF, la Bolivia è oggi il Paese con i trend più preoccupanti, con una deforestazione raddoppiata rispetto all’inizio del secolo. A questi dati si sommano le condizioni meteorologiche estreme: meno piogge, venti più forti e caldo intenso creano l’ambiente ideale per incendi devastanti, che colpiscono anche aree protette e territori indigeni, minacciando non solo la biodiversità ma anche la salute umana.

COP30 in Brasile: l’ultima occasione per l’Amazzonia?

A novembre, la Conferenza mondiale sul clima (COP30) si terrà proprio in Brasile, a Belém, nel cuore dell’Amazzonia. Una scelta simbolica, ma anche una chiamata all’azione per i leader mondiali. Il governo Lula ha promesso “deforestazione zero entro il 2030”, ma senza un impegno globale, il traguardo resta lontano. Nel frattempo, nuove pressioni economiche internazionali – come le politiche commerciali e i dazi imposti dagli Stati Uniti, rischiano di trasformare ancora una volta la foresta in una riserva di risorse da sfruttare.

La foresta ci avverte: è tempo di agire

“Le risposte ecologiche al clima hanno impatti globali”, avverte il professor Patrick Meir dell’Università di Edimburgo. La ricerca a lungo termine è fondamentale, ma ora è il momento di agire. Il WWF ha lanciato la campagna “SOS Amazzonia”, con cui invita chiunque voglia aiutare a fare una donazione o inviare un SMS solidale al numero 45584 entro il 25 maggio. Difendere l’Amazzonia significa difendere la vita sulla Terra. È la più grande foresta tropicale del mondo, fondamentale per il clima globale, per la biodiversità e per le popolazioni che la abitano. Se supera il punto di non ritorno, non sarà più possibile tornare indietro.

Riccardo Pallotta©

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