Tutti ormai abbiamo in mente le recenti immagini degli incendi della California, ma forse non tutti sappiamo che nel 2024, il Brasile ha registrato un allarmante record di incendi, con oltre 30,8 milioni di ettari ridotti in cenere. Un’area maggiore della nostra intera Penisola. Secondo i dati di MapBiomas, la superficie bruciata è aumentata del 79% rispetto all’anno precedente, segnando il peggior dato dal 2019 e il più alto mai registrato in termini di singoli roghi: 140.328 incendi, il numero più alto degli ultimi 17 anni.
L’Amazzonia ferita a causa del clima, ma anche dell’uomo
La foresta amazzonica, polmone verde del pianeta, è stata la principale vittima, con 17,9 milioni di ettari distrutti, pari al 58% dell’intera area bruciata nel Paese. Per la prima volta, gli incendi hanno colpito più foreste che praterie, distruggendo 8,5 milioni di ettari di vegetazione autoctona (un’area più grande della superficie dell’Austria). Questo cambiamento segna una pericolosa inversione di tendenza: le foreste, una volta colpite dal fuoco, diventano estremamente vulnerabili a futuri incendi, compromettendo la capacità di rigenerazione dell’ecosistema. Gli incendi in Brasile del 2024 sono stati amplificati da una combinazione letale di siccità estrema e azioni dolose. Il fenomeno meteorologico El Niño, associato ai cambiamenti climatici globali, ha portato a precipitazioni ben al di sotto della media storica, lasciando la vegetazione secca e altamente infiammabile.
Tuttavia, il fuoco non è un elemento naturale della foresta amazzonica. La maggior parte degli incendi è stata deliberatamente appiccata per espandere illegalmente le aree destinate all’agricoltura e agli allevamenti. Queste pratiche, legate all’agribusiness, rappresentano una sfida enorme per il governo brasiliano, che nel 2024 ha avviato 119 indagini federali su incendi dolosi, contro le 70 degli anni precedenti.
Le politiche di Lula: un bilancio contrastante
Il presidente Luiz Inácio Lula da Silva ha fatto della lotta alla deforestazione uno dei pilastri della sua agenda politica, ottenendo una riduzione della deforestazione di oltre il 30% tra agosto 2023 e agosto 2024. Tuttavia, le misure contro gli incendi sembrano ancora insufficienti. Lula ha definito gli incendi dolosi come un atto di “terrorismo climatico”, ma il governo non è ancora riuscito a contrastare efficacemente l’espansione illegale delle attività agricole. Le conseguenze di questa devastazione si protrarranno per anni. Le foreste bruciate richiedono decenni per riprendersi e, senza una protezione adeguata, rischiano di essere distrutte da nuovi incendi. La perdita della vegetazione non solo riduce la capacità di stoccaggio del carbonio, contribuendo al riscaldamento globale, ma minaccia anche la biodiversità unica del Brasile e i mezzi di sostentamento delle comunità locali.
Un allarme globale
La crisi brasiliana non è un caso isolato. Episodi simili, come gli incendi che hanno colpito recentemente Los Angeles, dimostrano che il cambiamento climatico sta esacerbando la frequenza e l’intensità dei disastri naturali in tutto il mondo. La COP30, che si terrà proprio in Brasile quest’anno, rappresenta un’occasione cruciale per promuovere azioni concrete a livello globale, ma il tempo stringe e le prime azioni di Trump come neo-presidente statunitense non lasciano ben sperare per il nostro pianeta.
Riccardo Pallotta©