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Il Parco dei Lagoni, un tuffo nella natura sul Lago Maggiore

di Daniele Capello

Il Parco dei Lagoni è un’importante area naturalistica del Lago Maggiore, situata in territorio piemontese. Noto anche come Lagoni di Mercurago, questo parco ricade nel territorio della provincia di Novara, nei comuni di Arona, Dormelletto, Comignago e Oleggio Castello. Si trova sul lato sudoccidentale del lago in una zona collinare ed è caratterizzato da un variegato sistema di aree umide, prati, boschi e brughiere. Venne istituito nel 1980 e dal 2011 fa parte dei Patrimoni dell’Umanità dell’Unesco, a causa della presenza di un sito palafitticolo preistorico di grande importanza archeologica, uno dei 111 presenti in area alpina.

Il parco ha una superficie di 473 ettari ed è amministrato dell’Ente di gestione delle Aree Protette del Ticino e del Lago Maggiore; la sua sede si trova nella località di Mercurago, una frazione di Arona.

Un sito palafitticolo dell’Età del bronzo
L’area dei Lagoni di Mercurago è caratterizzata dalla presenza di un sito palafitticolo, risalente all’epoca preistoria.

I primi ritrovamenti risalgono al 1860, quando dalla torbiera emersero alcuni pali e i resti di antiche palafitte. I primi scavi furono portati avanti dal geologo torinese Bartolomeo Gastaldi. Nei decenni successivi, sono stati scoperti altri reperti di varie epoche antiche: due piroghe ricavate da tronchi interi, diverse ruote di carri agricoli e da guerra, vasi di ceramica, armi e gioielli.

I reperti sono attualmente conservati nei Musei archeologici di Torino e Arona. I ritrovamenti indicano che la presenza umana nell’area risale all’Età del bronzo ed è durata almeno per 3 secoli, anche se con temporanei abbandoni, a causa di allagamenti; in particolare i resti più antichi sono stati datati al periodo del passaggio tra il Bronzo antico e il Bronzo medio, tra il 1600 e il 1500 a. C.

La conservazione dei reperti palafitticoli è dovuta alle particolari caratteristiche delle torbiere, ambienti anaerobici in cui l’assenza di ossigeno impedisce la rovina dei resti e l’ossidazione dei materiali organici, risultando inospitale per i batteri decomponenti.

Dagli studi effettuati, si è compreso molto di questi insediamenti: si ipotizza che il villaggio di Mercurago fosse composto da due file di capanne divise da un canale. Queste erano composte di legno e fango con le coperture in paglia ed erano poggiate su quattro pali di legno.

Sono state inoltre ritrovate una necropoli golasecchiana dell’Età del ferro, con molti reperti appartenenti a corredi funebri e sepolture dell’epoca romana, datate tra I e IV secolo d.C.

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