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Ketty La Rocca e l’Arte Femminista

Corrente non poi così giovane, l’arte femminista, poco citata, da vari decenni affronta e combatte tematiche sociali, politiche e culturali spesso considerate superficialmente risolte, ma che continuano a sopravvivere, generando altrettante problematiche rilevanti come lo stereotipo femminile culturalmente radicato e la disuguaglianza di genere in molti ambiti sociali. Nata nel 1960 con i primi turbini di cambiamento, nel moto di generale insoddisfazione si inseriscono le artiste, chiedono di poter riscrivere la storia dell’arte, fino a quel momento dominata e controllata dagli uomini, di poter con la loro arte, risolvere problematiche che affliggono la società femminile del dopo guerra, influenzando i comportamenti socialmente radicati, soppiantando gli stereotipi e creando spazi artistici nuovi, mai esistiti fino a quel momento, per le sole donne. Nel decennio successivo alla sua fondazione, il movimento si appropria della Body Art e della Performance come principali mezzi comunicativi, spesso usati all’unisono, con l’obiettivo di innescare una rivoluzione, prima mediatica per la forza dell’immagine che genera attrazione e repulsione, in funzione alla mentalità con la quale si scontra o incontra; poi sociale, per l’impatto del messaggio che viene interiorizzato. Oggi, per quanto le cose siano cambiate sulla carta, nella realtà è ancora in atto la battaglia con l’opinione comune, in una continua tensione tra ciò che è e ciò che appare come deve apparire. Tra ciò che deve e non deve essere. L’arte femminista scardina queste dicotomie a favore di una libertà totale della donna.

La maggiore esponente, oltre che migliore esempio della corrente artistica femminista nel territorio italiano è sicuramente individuabile in Ketty La Rocca, classe 1938, genovese. L’artista inizia il suo percorso con la poesia visiva, offrendo una visione stereotipata della donna, ironica e provocatoria, promossa da media e pubblicità. È proprio da qui che nasce in suo legame con la comunicazione e le forme di linguaggio, ampliato e sviscerato negli anni con la poesia visiva unita a parole e segni prima, decontestualizzando le parole con le sue famose lettere e punteggiature giganti e decostruendo le immagini pubblicitarie, specialmente quelle cinematografiche, riducendole a opere di calligrafia, poi. Il suo percorso evolutivo nelle tecniche comunicative la fa approdare ben presto alla performance, rendendo la sua arte, ora poetico-visiva e fotografica, ora in video, un’arte totale.  

Le sue numerose opere femministe e di denuncia dei numerosi stereotipi femminili come Top Secret: unificazione rapida (1965), Elettroaddomesticati (1965), La storia che ha commosso il mondo (1979) consentirono alla La Rocca di partecipare ad una delle ultime mostre femministe di maggior rilevanza: Wack! Art and the Feminist Revolution, del 2007, la prima mostra istituzionale che ripercorre le orme di tutto il movimento.

Elena Caravias

foto@mam-e.it

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