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Montefiore Conca: la rocca degli eterni amanti

Il nome del borgo deriva dalla sua collocazione geografica, da cui “Mons Florum”, ossia, “Monte dei Fiori”. La sua prima traccia nella storia risale al 1136 ed è stata rinvenuta in un documento: Papa Innocenzo II cita le due chiese di Castro Monte Fiori, l’antico nome del luogo.

Nonostante la prima citazione del borgo sia del 1136, la sua storia ha probabilmente origine alla fine del primo millennio dopo Cristo, con l’invasione dei Longobardi, che provoca lo spostamento delle popolazioni verso l’interno.

Nel 1295, Malatesta da Verrucchio si impossessò della città di Rimini e sotto il suo controllo passò anche Montefiore. Papa Giovanni XXII, in un documento del 1322, approvò la cessione.

Il borgo rimase nelle mani della famiglia Malatesta fino al 1462, quando il piccolo borgo fu riconquistato da Federico da Montefeltro per conto di Papa Pio II. Da quel momento in poi, il piccolo borgo vivrà numerose occupazioni e domini, fino al 1815, anno in cui il borgo seguirà il destino del risorgimento italiano.

È evidente, visitando il borgo e i suoi dintorni, che qui la natura la fa da padrone.

Passeggiate a piedi e giri in bicicletta sono una scelta ideale: per scoprire i sentieri che collegano Montefiore alla Valle del Ventena e Gemmano.

Il borgo può vantare un raro ambiente naturale, nel quale convivono castagni e ulivi, in prossimità del mare: un vero unicum. È presente anche una ricca fauna: istrici, caprioli, cinghiali.

Il borgo è anche il luogo ideale per gli appassionati di speleologia, per la presenza, nelle vicinanze, dell’area protetta delle Grotte di Onferno.

La Rocca dei Malatesta, il Teatro Malatesta, e in genere, ciò che resta della presenza malatestiana nel borgo rappresentano delle importanti testimonianze, dal punto di vista artistico e culturale.

Montefiore è il luogo ideale dove poter mescolare esperienze naturali e culturali, ad esempio, partecipando all’aprile dantesco, un appuntamento culturale da non perdere e che rende il borgo un luogo idilliaco, quasi simbolo dell’otium letterario.

Domenico Attianese

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