Image default
Arte & Cultura

LA MUSICA DELLA PRIMA METÀ DEL ‘900 RIVIVE CON MIRKACCIO

Dura mezz’ora abbondante la nostra chiacchierata con Sior Mirkaccio, all’anagrafe Mirko Dettori.

Mirkaccio è un artista che porta sul palco una musica ispirata alla “canzone” della prima metà del ‘900.

“La mia via, da 30 anni, è quella di fare musica dal vivo. Faccio circa 160 date all’anno. Cerco di portare felicità e fantasia nelle vite delle persone che magari nella vita fanno lavori meno fantasiosi del mio e che a fine giornata non ricevono nessun applauso”, ci dice Mirkaccio che in effetti ha sulle spalle migliaia di date e decine di migliaia di persone che lo hanno visto cantare e suonare dal vivo.

Alla nostra domanda “Che cosa ti affascina della musica del primo ‘900?” ci risponde ridendo “È una domanda che mi sono sempre posto anche io”. “Certe volte – continua – l’essere diversi, soprattutto quando si è ragazzi, può sembrare una sfortuna”.

Mirkaccio ci dice che la “forma canzone” è la forma che gli ha permesso nel miglior modo di comunicare musicalmente. 

Ed in effetti le canzoni di Mirkaccio seguono con evidenza la scia della “canzone” novecentesca, una musica notevolmente differente dalla trap o dal rap, generi, questi, oggi in testa alle classifiche. Eppure la musica di Mirkaccio convince e appassiona molti tra cui i Maneskin. “Quando noi sentiamo la musica trap e rap di oggi sentiamo dei disvalori della nostra società”, è il commento di Mirkaccio che ci ha anche ricordato come il rap sia cambiato nel corso degli anni.

“Ho sempre avuto un buon riscontro da qualsiasi tipo di persona. Perché? Credo che venga riconosciuto l’amore e la generosità di quello che io “passo”, indipendentemente del genere”, dichiara.

Poi ci confida: “Io a casa non ho la televisione, non amo la televisione e gli schermi. Ho rifiutato tante proposte televisive. Non rifiutai All Togheter Now [programma di Canale 5, n.d.r.] perché gli autori fecero un buon lavoro di scouting e mi trattarono molto bene”.

Poi la critica: “Il pubblico viene considerato semplicemente come un target e questo è un male per l’industria culturale”.

Francesco Natale

Altri articoli