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Il re della pietra

di Riccardo Pallotta

Noto fin dall’antichità, fu battezzato da Virgilio Vesulus pinifer (monte circondato da pini), nell’Eneide; Dante lo incluse nella sua Divina Commedia. Stiamo parlando della montagna più alta delle Alpi Cozie: il Monviso.

Conosciuto ormai da decenni come il “re di pietra” con i suoi 3.841 metri di altezza, a lungo fu considerato la più alta cima delle Alpi, anche a causa della sua forma piramidale che facilmente resta impressa ed è identificabile a prima vista.

La sua vetta fu conquistata il 30 agosto dell’anno dell’unità d’Italia da W. Matheus che impiegò due giorni, salendo da Pontechianale, passando dal Vallone Vallanta.

Per una conquista italiana, si dovette aspettare un paio d’anni, quando Quintino Sella con tre guide locali, la raggiunse il 12 agosto 1863.

Dal 29 maggio 2013, fa parte del patrimonio dell’UNESCO, per il suo valore naturalistico e morfologico. Inoltre, i suoi piedi danno vita alla sorgente del più lungo e importante fiume d’Italia: il Po.

Il panorama alpino che oggi ammiriamo sul Monviso, milioni di anni fa era un ambiente marino come dimostrano dei resti portati alla luce nel 2008, di un grande rettile del Triassico medio (235 milioni di anni).

Importante da sempre risulta anche la sua fauna, tanto che proprio al tramonto dello scorso anno, sono stati riportati alla luce dei fossili di una piccola farfalla che rappresenta una specie unica al mondo.

Dato il turismo di prossimità, che sembra essere quello che segnerà anche la nostra prossima stagione di vacanze, è una meta da valutare attentamente. Magari, anche per attraversare il primo tunnel pedonale alpino al mondo che collega Italia e Francia, costruito nel 1480, proprio sul Monviso.

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