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Focus sulla sindrome di Prader-Willi

Nel mare magnum delle malattie rare, di cui si parla sempre troppo poco o solo in rare occasioni quali Telethon, annoveriamo la sindrome di Prader –Willi, una patologia complessa e quasi sconosciuta per i più, ancora troppo poco finanziata nei progetti di ricerca scientifica.
Il nome trae origine dai due medici svizzeri Andrea Prader e Heinrich Willi che, nel 1956, ne descrissero le caratteristiche osservate su nove bambini esaminati. Si tratta di una malattia genetica che provoca anomalie fisiche, intellettive e comportamentali, ed è dovuta ad un’alterazione del cromosoma 15. Si stima che la nascita di un bambino Prader –Willi si registri ogni 15.000-30.000 nuovi nati e colpisce indistintamente maschi e femmine.


Durante la primissima infanzia si manifesta con una forte debolezza muscolare con problemi alla deglutizione e all’allattamento e un ritardo nello sviluppo. A partire dai due anni di età il bambino affetto mostra, invece, una fame insaziabile (iperfagia) la quale, se non controllata, può degenerare in grave obesità con tutte le annesse conseguenze (diabete, cardiopatie, ipertensione, ipercolesterolemia, ecc.). Questa è la peculiarità della sindrome che conduce chi ne è affetto a cercare sempre e in ogni maniera il cibo.
Inoltre, a causa della compromissione dell’ipotalamo, appaiono alterati, oltre all’appetito, i ritmi sonno-veglia, gli stati emotivi, la temperatura corporea, la statura e lo sviluppo puberale.
Sono state spesso segnalate caratteristiche facciali peculiari come fronte stretta, occhi a mandorla, labbro superiore sottile e bocca rivolta verso il basso, mani e piedi molto piccoli, scoliosi. La malattia è inoltre associata a difficoltà di apprendimento e a disturbi comportamentali (comportamento ossessivo-compulsivo oppure manipolativo) e psichiatrici (difficoltà nell’interpretazione e nell’uso appropriato delle informazioni sociali, che comportano disturbi simili a quelli caratteristici dello spettro autistico).
Purtroppo, trattandosi di una malattia genetica rara, la sindrome di Prader-Willi, al momento, non è curabile e i pochi trattamenti terapeutici hanno solo lo scopo di limitare i sintomi e migliorare la qualità della vita, ma restano a tutt’oggi dei semplici palliativi.
Fondamentale è la presenza ed il supporto dei familiari che non devono solo controllare l’aspetto nutrizionale dei propri figli, ma anche e soprattutto cercare di favorire la socializzazione e l’inclusione per garantire loro un futuro soddisfacente. Tuttavia, i bambini e i giovani affetti dalla sindrome di Prader-Willi sono affettuosi, sensibili e ”amano essere amati”.

Bruna Fiorentino

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