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Le inutili cinquantenni per Yann Moix

Non si sa quanto il punto di vista femminile di una quasi cinquantenne possa contribuire a restituire senso alle parole, dato che sembrano essere state così vilipese dall’ormai tanto noto scrittore in questione.

Così popolare che nominarlo sarebbe una ripetizione. E noi che consideriamo il mondo della comunicazione qualcosa di essenzialmente importante, non amiamo compiere simili errori. Noi chi? Noi che conosciamo il tempo e sappiamo molto bene che non ha nulla a che vedere con la sua interpretazione terrena. Noi come Anna Magnani, la quale non invecchierà mai grazie alla sua celebre frase; “ lasciami tutte le rughe, non me ne togliere nemmeno una. Ci ho messo una vita a farmele venire”.

Noi come Seneca che di tempo, insieme a Schopenhauer e Nietzsche ne sapeva qualcosa.

Non vi sono romanzi in cui manchi la sottile ricerca della totalità del tempo come reminiscenza di se stessi, così come il giovane Siddharta compì il suo viaggio non di certo alla ricerca delle natiche di una ventenne. La stessa Bibbia contiene riferimenti al significato del tempo. Un tempo dato all’uomo come occasione per relazionarsi con Dio attraverso un dialogo intimo tra il temporale e l’Eterno.

Al nostro scrittore circondato da seni abbondanti, manca forse l’opportunità di cogliere quel versetto 29, nel capitolo 6 di San Matteo, dove il valore del tempo si lascia raggiungere a pieno. Non ci sembra di cogliere inoltre una sorta di similitudine tra lo splendore di Salomone e l’eccesso di autostima di Yann Moix? Certo, prati e fiori, a lui ricorderanno solo un modo per mettere a frutto la profondità delle sue idee su come trascorrere la propria esistenza. E non ci saranno a tenergli compagnia le allodole francescane.

Proviamo, senza illuderci troppo, a scrivere a quattro mani, nel tentativo di capovolgere la banalità in essenzialità. Sì, a quattro mani, io e chi per me, la mia parte offesa e quella che se ne frega. Io e le mie quattro mani, quelle invecchiate e quelle eterne. A quattro mani, esattamente come fecero Verlaine e Rimbaud, scrivendo “il sonetto del buco del culo”. Un capolavoro della letteratura francese che lo stesso scrittore non comprenderebbe mai, nemmeno imitandolo a suon di prove pratiche. E qui di maledetta non vi è certo  la poesia.

Eleonora Giovannini

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