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Il borgo di Rasiglia: la Venezia dell’Umbria

Lo chiamano “il miracolo Rasiglia”, perché è impossibile non innamorarsi istantaneamente del borgo dei ruscelli, la piccola Venezia dell’Umbria.

L’udito si perde tra i melodici richiami e le sinfonie prodotte da torrenti, cascatelle, fontane e specchi d’acqua, mentre tutti gli altri sensi si lasciano stregare dalla suprema armonia che si può cogliere in ogni scorcio; una perenne e seducente primavera di profumi e colori.

La prima sensazione che si ha osservando il borgo di Rasiglia, a soli diciotto chilometri da Foligno (PG), è quella di essere finiti per sbaglio in una tela di Monet:

sorgenti d’acqua purissime e luminose, abitazioni in pietra che ospitano affreschi del Seicento, ponticelli in legno grezzo, piante acquatiche di incomparabile bellezza che si lasciano cullare dal flusso sinuoso dei ruscelli (alimentati dal fiume Menotre che scorre nelle vicinanze).

Le sorgenti di Capovena, Alzabove e Venarella, contribuiscono, inoltre, a rendere il luogo un vero e proprio “anfiteatro naturale del suono”, capace di attirare, ogni mese, sempre più visitatori (a dispetto dei suoi soli quaranta abitanti).

Con sterminato orgoglio, passione, e forza d’animo, gli abitanti di Rasiglia portano avanti, da sempre, l’attività di tessitura e filatura della lana, che nel mese di giugno trova massima visibilità nella manifestazione ispirata all’Odissea: “Penelope a Rasiglia”. Presso il laboratorio di tessitura antica, sarà, dunque, possibile assistere alla rievocazione dei mestieri del passato (che in questa realtà tanto “passato” non sono), dalla tosatura delle pecore alla tintura della lana per realizzare dei magnifici filati.

Si pensi che già nelle carte dell’abbazia di Sassovivo (XIII secolo), venivano descritte e menzionate le attività di filatura e ricamo della Curtis Rasilia, fiancheggiata dalla via della Spina e centrale negli scambi commerciali tra Adriatico e Tirreno.

Imperdibile, dunque, la visita al vecchio mulino secolare per la macinatura del grano e all’antico telaio, che riporta sul muro esterno i versi leopardiani di “A Silvia”, aumentando esponenzialmente la potenza evocatrice del luogo.

Non dimenticate, infine, di alzare lo sguardo verso la rocca per ammirare i resti del castello del Morro, appartenuto, in epoche lontane, ad una delle famiglie più in vista di Perugia e protetto oggi da una fitta schiera di lecci, roveri e cipressi, che ne esaltano, ancor più, l’incontaminata bellezza.

Ambra Belloni

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