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Arte & Cultura

Dal femminicidio alla riesumazione di donne assassine

Vi è in quest’epoca un accanimento nel voler considerare le donne il bersaglio per eccellenza del male, la cronaca dedica il novanta per cento del proprio spazio ai racconti brutali di violenza inaudita nei riguardi della figura femminile.  Le televisioni nazionali mostrano attenzione ai delitti più macabri, dove la vittima viene posta al centro in maniera morbosa e soprattutto mirata a sottolinearne le ferite, l’insuperabile fragilità. In tutto questo, ecco spuntare come funghi,  movimenti anti violenza, associazioni, partiti che evidenziano la necessità di una legislazione più rispettosa verso le vittime e dunque più severa nei riguardi degli assassini o degli stalker. 

In questa panoramica che si espande tra ostentata empatia e dibattiti senza fine, ecco arrivare le femministe che sollevano la loro scarpetta rossa ed evidenziano quel nuovo termine entrato nel vocabolario: il femminicidio. Ed era proprio necessario inventarselo, come a voler distinguere l’omicidio di un uomo  da quello  di una donna. Diciamocelo, sempre di uccisione si tratta. Oltretutto le donne, va ricordato, non sono sempre state così fragili, negli anni passati. Ce lo conferma  Monica G. Alvarez,  attraverso le pagine del suo libro ” Se questa è una donna”,  dove vengono elencate le barbarie e le atrocità esercitate proprio da donne che hanno in maniera tanto cruenta ed indescrivibilmente malvagia,  ucciso e torturato centinaia di ebrei.  Madri di famiglia,  ragazze,  tutte affascinate dal proprio ruolo all’interno dell’agghiacciante mondo nazista, quello di aguzzine pronte al massacro  sadicamente lento  di esseri umani. Si racconta che utilizzassero la pelle degli ebrei per rivestire poltrone e accessori. Tra le protagoniste di tali scempi  Ilse Koch, definita  la “volpe di Buchenwald,  la quale pare che dallo scorticamento della pelle dai corpi vivi,   realizzasse  paralumi e lampade.

 

Se vogliamo uscire dall’ambito citato, possiamo in ogni caso affermare che la storia ci informa dell’esistenza di donne altrettanto crudeli e spietate, come la Regina d’Inghilterra, Maria la sanguinaria. Un’altra contessa altrettanto sanguinaria è  Elizabeth Bathory  (1500) , traumatizzata durante l’infanzia da scene di mutilazione e morte cui è costretta ad assistere, non disdegnerà poco più tardi a prediligere rituali satanici e a dedicarsi a efferati omicidi di centinaia di persone.  Nel 1800 ricordiamo Madame  Popove, una criminale russa, nota per aver ucciso innumerevoli uomini che usavano violenza sulle donne, attraverso avvelenamenti. Venne in fine fucilata pubblicamente a causa di tali crimini. Anche in Italia, tra la fine dell’ottocento e i primi del novecento, Leonarda  Cianciulli si rivela tra le più spietate serial killer che,  uccideva le sue vittime per poi metterle a bollire con soda caustica e così ricavarne il sapone. Altra donna scellerata definiita   Kathy la cannibale, è  Katherine  Knight,  conosciuta per aver fatto a pezzi il corpo del marito e averlo cucinato per darlo in pasto ai figli. La stessa era stata vittima di violenze sessuali durante l’infanzia.

Tutte queste criminali  furono a loro volta vittime di abusi e sottomissioni, sono da considerarsi  infatti queste le ragioni che indussero le donne naziste ad esercitare tanta barbarie verso gli ebrei. Un modo per caricarsi di un potere che finalmente riscattava la donna dal ruolo minore impostale dalla società per troppo tempo. Le dinamiche che inducono a far del male non sono dunque riconducibili  al sesso. Non è vero che gli uomini sono predisposti ad uccidere e le donne sono soltanto vittime di violenza. E’ vero che per mille motivi spesso di natura psicologica, esistono persone che subiscono una sferzata nel proprio “io” e che di conseguenza si affidano a deviazioni del comportamento. Sono persone,  a volte uomini,  altre volte donne.

 

Eleonora Giovannini

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