Sulla diminuzione del numero dei parlamentari

Molti cittadini, probabilmente, stanno decidendo se votare Sì o No alla diminuzione del numero dei parlamentari il 20 e 21 settembre, giorni fissati per andare a mettere la X sulla scheda elettorale. In alcuni Comuni il voto per il referendum è accorpato a quello per il rinnovo di alcuni collegi regionali e amministrativi. Sempre che ci vadano.
Certo, questi sono coloro che non si fanno condizionare completamente dalle opinioni degli stessi interessati al Sì e al No, ma  riflettono in proprio, cioè pensano, al massimo si confrontano con amici e parenti traendo i lati positivi e negati delle opposte formulazioni.
Sarebbe importante comprendere cosa abbia spinto i padri costituenti a decidere, quando l’Italia contava circa 46 milioni di abitanti, contro gli attuali 60 milioni, che i due rami del parlamento dovessero rappresentare i cittadini con un numero mobile di eletti direttamente proporzionale agli abitanti, in modo da garantire la rappresentanza in Parlamento di tutti gli interessi del popolo italiano.

Le argomentazioni sulla rappresentatività, in particolare di Umberto Terracini (presidente dell’Assemblea), di Palmiro Togliatti e di Mario Cevolotto, risultarono le più convincenti per fissare l’attuale numero di parlamentari eletti stabilendo che: «La Camera dei deputati è eletta a suffragio universale e diretto, in ragione di un deputato per ottantamila abitanti o per frazione superiore a quarantamila. Sono eleggibili a deputati tutti gli elettori che nel giorno delle elezioni hanno compiuto i venticinque anni di età.» (Art. 56). E che«Il Senato della Repubblica è eletto a base regionale. A ciascuna Regione è attribuito un senatore per duecentomila abitantio per frazione superiore a centomila. Nessuna Regione può avere un numero di senatori inferiore a sei. La Valle d’Aosta ha un solo senatore.» (Art. 57).
Non c’è che dire: un bel numero che gode di stipendi favolosi e privilegi a iosa!
Ora il referendum propone di diminuire i deputati a 400 e a 200 i senatori elettivi, una riduzione di circa un terzo: si passerebbe cioè dai circa 96mila abitanti per deputato ai 151mila. In soldoni il risparmio, qualora vincesse il Sì, sarebbe davvero considerevole, oltre 100 milioni l’anno. Ma, dirà qualcuno, sarebbe stato più convincente se, unitamente al taglio dei parlamentari, avessimo potuto esprimere l’opinione di quanto diminuire anche i loro stipendi e benefici. Però, se dovesse vincere il Sì l’Italia diventerebbe uno dei paesi con il più basso livello di rappresentanza politica dell’intera Unione Europea in rapporto alla popolazione.
Eh, sì, le perplessità sono tante! Non dimentichiamo, inoltre, i dubbi sull’avvicinamento ad un sistema oligarchico che l’affermazione del Sì comporterebbe. Allora, non sarebbe stato utile mettere nero su bianco per quanto attiene la funzione dei compiti che verranno ripartiti? Ossia: più poteri in poche teste pensanti? Tenerlo presente è lecito perché il referendum non è stato accompagnato da una riforma sul nuovo funzionamento del parlamento. Ciò avrebbe potuto consentire di renderlo visibilmente più efficiente.
Per la verità, valutando la situazione di altri Stati non dovrebbe essere così, ma noi siamo forse Tedeschi? Inglesi? Francesi o Spagnoli?
Conclusione: avrebbero mai potuto immaginare i padri costituenti in che mani future avrebbero consegnato il capolavoro di una tra le più interessanti costituzioni della terra?
Insomma, i presupposti per un voto convinto sono rimandati al 20 e 21 settembre.

Bruno Cimino

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