Correggio e la sua saponificatrice

Tra i vari fatti di cronaca più noti del secondo dopoguerra italiano uno dei più famosi è senza dubbio quello della saponificatrice di Correggio, al secolo Leonarda Cianciulli, una donna nota per aver ucciso tre anziane donne sole e aver usato i loro corpi per fabbricare saponi e dolcetti. Ma vediamo di conoscere meglio questa figura.

Leonarda Cianciulli nacque a Montella nel 1892 ed ebbe un’infanzia assai difficile e piena di contrasti con la madre che non l’avrebbe mai voluta in quanto frutto di una violenza e segnata dall’epilessia. 

Come racconta lei stessa nel suo memoriale cercò più volte il suicidio ma senza riuscirci (anche se altre voci dicono che i tentativi di suicidio si verificarono in età più adulta).

All’età di 23 anni si sposò con il pieno disaccordo della famiglia tanto che sempre secondo il memoriale, la donna venne maledetta dalla madre che troncò ogni rapporto con lei. 

Rimasta incinta nel corso del matrimonio una dozzina di volte si trovò con otto dei suoi dodici figli deceduti improvvisamente e in lei crebbe sempre di più l’idea che tutto questo fosse colpa dell’anatema lanciatole dalla madre.

Quando nel 1939 un terremoto si abbatté sull’Irpina Leonarda con il marito e i figli si trasferirono a Correggio, dove, dopo essersi separati anche se non legalmente, la donna cominciò un fiorente commercio di abiti usati ed era anche nota come fattucchiera, ricevendo per lo più donne ansiose di conoscere il loro futuro dal punto di vista sentimentale e professionale. 

In questo periodo Leonarda vide la Madonna che la invitava a uccidere una vittima per ogni figlio sopravvissuto dei dodici che aveva aspettato, solo così la maledizione sarebbe stata spezzata. 

Leonarda scelse come vittime tre delle sue clienti a cui raccontava che avrebbe trovato loro marito, lavoro e fortuna in altre città ma che in realtà, dopo averle convinte a vendere i loro beni, lasciando a lei la procura della loro gestione, le uccideva sezionandone il corpo e faceva bollire le parti più grosse nella soda caustica per poi buttarle in un pozzo nero mentre le parti più piccole erano usate per creare delle saponette e con il sangue che mischiava a zucchero e farina realizzava dolcetti da offrire alle amiche 

Indagata a seguito della denuncia di un parente delle vittime la donna fu arrestata e fin da subito si dimostrò consapevole dei reati commessi ma mai pentita. 

Dichiarata inferma di mente fu condannata prima al carcere e poi all’ospedale psichiatrico dove morì all’età di 78 anni.

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