Atzara, un frammento tra vino e arte

Il nome di questo borgo è di provenienza incerta, ma le teorie più accreditate sono due: che nei terreni del borgo ci fosse l’altazara, una pianta rampicante, o che il nome “altazara” provenga dalla radice fenica “Atzar” che significa “Luogo Sicuro”.

La seconda opzione non è poi così improbabile, visto che si tratta di un insediamento abitato fin dal Neolitico, come testimoniano le “Domus de Janas” a Corongiu Senes e dei reperti ritrovati nella località di Lanuisa. Il più antico luogo di culto del borgo è la chiesa campestre di Santa Maria Bambina, che ha origine intorno al XI secolo d.C. E che è il più antico luogo di culto cristiano della Barbagia.

Segni dell’esistenza di Atzara in quanto tale, invece, si hanno con precisione già nel 1205, in quanto il paese è citato, come villaggio, nel Condaghe di Bonarcado, una delle principali fonti di storia sarda medievale. Riappare pochi anni dopo, in un documento del 1224 e, oltre un secolo dopo, anche nel Codex Diplomaticus Sardinie, come uno dei villaggi che ha firmato la pace tra Eleonora d’Arborea e Giovanni d’Aragona nel 1388.

Il borgo è una piccola perla architettonica perché conserva il tessuto urbano di origine aragonese che ancora lo caratterizza, così come l’utilizzo dei conci in granito e trachite, che accomunano le abitazioni del centro con le chiese e le strutture megalitiche (come il nuraghe Abbagadda, ad esempio). Architettura e storia che si intrecciano e per le quali il Museo “Antonio Ortiz Echague” potrebbe essere un buon punto di partenza.

Atzara, infine, è anche un piccolo centro artistico. Un nucleo che fonde pittura, tessitura e viticoltura in un mosaico di esperienze artistiche ed enogastronomiche in grado di attirare non solo turismo, ma di offrire una vera e propria esperienza.

Domenico Attianese

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