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La pericolosa migrazione dei rospi

La primavera è cominciata e, come ogni anno, la natura si risveglia: per molti animali la fine dell’inverno e l’inizio della primavera è il periodo della riproduzione. Febbraio-marzo è infatti il momento in cui gli anfibi tornano attivi e si preparano a deporre le uova. Ma nei paesi civilizzati, caratterizzati dalla presenza di numerose infrastrutture viarie e territori sempre più cementificati, questa fase della loro vita è diventata molto pericolosa.
I rospi in particolare passano l’inverno in zone lontane dagli specchi d’acqua che frequentano solo per la deposizione: hanno perciò sviluppato una vera e propria strategia di migrazione primaverile, che in questo periodo storico risulta essere spesso letale: si stima infatti che solo il 20% degli individui in Italia riesca a portare a termine la migrazione, che avviene di notte, dai quartieri di svernamento a quelli riproduttivi. La causa principale di questa moria è l’investimento da parte delle vetture lungo le strade: queste sono infatti delle vere barriere ecologiche che fanno strage di animali, soprattutto quelli lenti come gli anfibi. In molti paesi europei esistono strutture chiamati “passaggi faunistici”, di cui abbiamo parlato in un articolo precedente che servono a evitare questi incidenti, ma in Italia sono ancora molto scarsi.
In questi anni si è riusciti a ridurre l’impatto tramite l’apposizione di cartelli di pericolo e l’installazione di reti che indirizzino verso “rospodotti” appositamente costruiti. Altre iniziative, messe in piedi da associazioni ambientaliste e aree protette, sono le “Notti dei rospi” in cui si organizza con dei volontari il recupero degli individui in migrazione e il trasporto, tramite secchi, verso le aree di riproduzione, per evitare loro il pericoloso attraversamento delle strade. Nel 2020, a causa dei decreti che limitano gli spostamenti per il Coronavirus, è più complicato organizzare queste attività, ma contemporaneamente, il pericolo per i rospi dovrebbe essere minore per la ridotta presenza di autovetture sulle nostre strade.

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Daniele Capello

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