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Romeo e Giulietta, la vera storia che ispirò William Shakespeare è molisana

Delicata Civerra e Fonzo Mastrangelo, una storia d’amore che ha viaggiato nei secoli fino ai nostri giorni e che suscita ancora un profondo interesse non solo tra i campobassani, ma tra tutti coloro che si rispecchiano in un amore puro e giovanile interrotto solo dall’avidità e dalla crudeltà umana. Una storia reale e concreta che, secondo alcuni studi condotti dall’Associazione Trinitari e Crociati, ispirò William Shakespeare nella redazione del suo libro “Romeo e Giulietta”. Le prime commedie shakespeariane, infatti, influenzate dallo stile classico e italiano, con strette trame matrimoniali e precise sequenze comiche, dal 1594 cedono il passo all’atmosfera romantica, con toni a volte più scuri e propri di una tragicommedia, periodo nel quale nacque proprio “Romeo e Giulietta”, sette anni dopo la morte di Delicata Civerra.

Un legame così profondo e genuino che ancora oggi è esempio per le giovani coppie campobassane e molisane in genere, tanto è vero che si è deciso di organizzare, proprio ai piedi della torre nella quale fu rinchiusa Delicata, una serata particolare dove le giovani coppie di fidanzati si giurano eterno amore, suggellato da un bacio, lasciando vibrare nell’aria delle piccole mongolfiere di carta alimentate da una candela simbolo dell’amore nato proprio tra i ragazzi e le ragazze di Campobasso e dintorni.

Celebrare l’amore nel luogo dove soffrì Delicata ha un significato decisamente particolare. L’interesse verso questa storia che ha le sue radici nella Campobasso medievale e nel suo meraviglioso borgo antico, dove all’interno delle mura è possibile visitare le mura della casa di Delicata e la torre dove venne imprigionata grazie ai volontari dell’Associazione Centro Storico, si è accresciuto negli ultimi anni grazie e soprattutto al genio e alla vena letteraria/teatrale di un frate francescano, Padre Gaetano Jacobucci. Il suo ultimo dramma teatrale, infatti, portato in scena dalla compagnia teatrale “La Bottega dell’Attore” di Colle dell’Orso si incentra sulle vicende tristemente note proprio di Delicata Civerra e Fonzo Mastrangelo.

 

Una rappresentazione teatrale, che si sviluppa secondo i canoni del dramma greco, in versi della struggente storia d’amore, vissuta nella Campobasso del 500, tra Delicata Civerra, crociata, e Fonzo Mastrangelo, trinitario, avversata dalle rispettive famiglie appartenenti alle due fazioni rivali. Il testo è inoltre impreziosito da alcuni disegni realizzati dallo stesso Padre Gaetano attraverso i quali l’autore è riuscito a tradurre in immagini l’amore travagliato dei due protagonisti. “Il testo si divide essenzialmente in due parti. La prima è incentrata sul contrasto dei sentimenti interni che si vanno a creare tra Delicata Civerra e suo padre che rifiuta il rapporto d’amore tra sua figlia e Fonzo – ha spiegato Padre Gaetano -. Una durezza di cuore e di animo che non riuscirono a scalfire neanche la madre di Delicata e suo zio Don Nunzio”. Padre Gaetano non si limita solo alla descrizione dei fatti e degli avvenimenti storici, ma punta la sua attenzione sull’introspezione della figura di Delicata e della sua battaglia interiore dopo che fu rinchiusa nella Torre Terzano. “Ho voluto porre l’accento in maniera particolare sul dialogo interiore che Delicata Civerra ebbe con se stessa durante la sua prigionia. Una contrapposizione di sentimenti, di stati d’animo, tra la speranza e la fiducia, che caratterizzarono gli ultimi suoi istanti di vita. La seconda parte, invece, si snoda sula figura di Fra Geronimo da Sorbo ed il suo provvidenziale intervento. Una profonda scelta di fede che permise alle due fazioni rivali, Trinitari e Crociati, di ritrovarsi attorno alla figura del frate e di porre le basi per una pace duratura – ha rimarcato Padre Gaetano -. Tutti i dialoghi della prima e della seconda parte, come nella migliore tradizione del dramma greco, vengono accompagnati da una voce narrante. Il testo si conclude con Fonzo Mastrangelo che prende i voti come frate francescano nel convento dell’Ara Coeli di Roma. Un modo nuovo e coinvolgente di far rivivere l’amore di due giovani che a causa dell’ottusità delle loro famiglie d’origine non poté sbocciare. “Ho voluto dare il mio contributo alla divulgazione e alla scoperta o riscoperta di una storia che si avvicina molto a quella di Romeo e Giulietta resa famosa da William Shakespeare – ha concluso Padre Gaetano Jacobucci -. Una storia tragica d’amore che, però, ha le sue radici nella nostra Campobasso e nella terra molisana. Un dramma, una storia, una vicenda che malgrado siano trascorsi diversi secoli ancora oggi suscita un caleidoscopio di emozioni forti in special modo in chi, per la prima volta, si approccia alla loro storia”. Storia che ha come sfondo sociale il 1504 quando Andrea de Capoa, feudatario di Campobasso, concesse ai suoi sudditi di costruire al di fuori delle mura, un tempio alla Trinità, nacque così la Congrega dei Trinitari formata dai “cittadini ragguardevoli e per finanze e per stirpe” che erano arrivati da Napoli al seguito del nuovo signore. L’università fu subito scissa in due parti: i Trinitari e i Crociati, appartenenti alla confraternita storica dell’università. Le Confraternite erano in continua lotta per il predominio sulla città e così spesso si accendevano litigi e risse. Per mettere pace il 9 febbraio 1587 venne per la Quaresima a predicare il Cappuccino Padre Geronimo da Sorbo. Nel 1587 quando Delicata, una ragazza di 20 anni, di famiglia crociata, fragile e bellissima si innamorò, ricambiata, di un giovane trinitario, Fonzo Mastrangelo, “che sapeva ben maneggiare la spada, di bel garbo, forbito nella parola, uomo di studio” (si dice che conoscesse a memoria i versi di Dante e Petrarca che declamava alla sua donna). I due giovani si amavano teneramente ed usavano mille industrie per persuadere i rispettivi genitori a voler dare il consenso per il loro matrimonio. Ma tutto era inutile, poiché i matrimoni fra i giovani delle diverse congreghe erano vietati e le famiglie, nobili entrambe, non volevano mostrare alle Confraternite a cui appartenevano “lo scandalo di sì disdicevole maritaggio”. Un giorno di primavera, verso il tramonto, mentre Delicata conversava con Fonzo, il padre della ragazza, Andrea, comparve improvvisamente, proprio mentre Alfonso porgeva un piccolo mazzo di fiori a Delicata. Il padre, furibondo, minacciò il giovane trinitario e trascinò via la figlia. Delicata chiese invano perdono, ma il severo genitore non si impietosì e la rinchiuse in una umida torre. Qui la ragazza ben presto si ammalò, ma rimase comunque decisa a difendere il suo amore. L’unico conforto che aveva era quello che le veniva dalla sua intima amica Fiorella Sinibaldo, alla quale, di tanto in tanto, era permesso di andare a trovarla nel “buio carcere”. Lo zio paterno di Delicata, don Nunzio Civerra, parroco di San Giorgio, “uomo dabbene, caritatevole ed umile, stimato e ben voluto sia dai Trinitari che dai Crociati” cercò invano di far ravvedere l’ostinato fratello. Ma Andrea pose Delicata di fronte ad una scelta: prendere in sposo un crociato oppure prendere il velo monastico. Delicata rifiutò entrambe le proposte. Intanto Fonzo, non sopportando più di vivere nella stessa città, ma separato da Delicata e saputo che il Feudatario di Campobasso combatteva nelle Fiandre, offrì la sua spada al suo Signore e partì per la Francia.

Il tempo passava e l’odio fra le due fazioni cresceva sempre di più; molti furono gli episodi di sangue che macchiarono ancora la storia campobassana. Si giunse così alla Quaresima del 1587, quando venne inviato a Campobasso per le prediche quotidiane Padre Geronimo da Sorbo accompagnato dal confratello Fra Luigi. Il monaco, con calda eloquenza, convinse Crociati e trinitari a riappacificarsi.

Per l’occasione, tra i festeggiamenti della popolazione, vennero celebrati sessantasette matrimoni fra giovani delle opposte Confraternite. Solo Delicata, gravemente ammalata, non poté partecipare a questa gioia. Padre Geronimo, appena conosciuta la triste storia della fanciulla accorse al suo capezzale, la consolò e convinse il padre a perdonarla. La sera del 12 marzo 1587 Padre Geronimo portò i Sacramenti alla giovane; tutti erano intorno alla ragazza, facendo a gara per darle conforto. Improvvisamente, tra scalpitio di cavalli e stridore di armi, la porta dell’abitazione si spalancò ed entrò Fonzo Mastrangelo, che appena saputo della pace fra le confraternite, si era precipitato a Campobasso. Il giovane, sconvolto, si gettò singhiozzante ai piedi del letto, e dopo aver preso dolcemente la mano della fanciulla le infilò un anello al dito, giurandole amore eterno. La ragazza accennando un sorriso, gli strinse la mano e gli sussurrò poche dolci parole prima di esalare l’ultimo respiro. Tra i pianti di tutti i presenti Fonzo urlò “Delicata! Delicata! Domani il convento avrà un cappuccino in più!” Sabato 13 marzo 1587, Delicata fu sepolta, con solenni funerali, nella chiesa di San Giorgio.

Le sue compagne seguirono il feretro con profonda mestizia e per più giorni portarono il lutto. Fonzo partì per Roma, dove vestì l’abito francescano, e dove morì nel 1599, ancora giovanissimo.

 

Nella Chiesa di San Giorgio, nella navata destra, era visibile, sino a poco tempo fa, la tomba di Delicata Civerra. Nella parrocchia di San Leonardo esiste un libro della Chiesa di San Giorgio, che contiene le “Annotazioni dei defunti di Campobasso” dal 1514 al 1711. A pagina 90, al rigo ottavo, vi è riportata la data della morte di Delicata Civerra: † 1587. ( Fonti storiche i testi del Masciotta)

Stefano Venditti

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