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Quel che resta dell’ Epifania

Un giorno comunque unico, che sa di scia, di resoconto, di conclusione. Si suol dire : “epifania, tutte le feste porta via”.

Un giorno forse melanconico, con i suoi avanzi di panettone, con qualche fico secco sulle tavole.

E intatti, nelle case, nelle chiese, i presepi,  con lo stupore riflesso nei faccini dei bambini, si stenta a disfarli, perché l’ ordinario fa male, il binario dell’ esistenza intristisce e ci costringe a “riprendere il ritmo”.

Eppure di ritmico ci sono soltanto le fiabe, uniche al pari dei doni in attesa.

Il dono di una rivelazione, come quella che ricevettero i Re Magi,  che ancora sembrano non voler fermare il loro viaggio, nonostante l’ interminabile deserto.

E dove sta questo deserto? Forse in buona parte del mondo e nel cuore degli uomini che sperano di far sorridere i propri figli regalando cioccolate in calze colorate. Sono calze strette dove non entrano libri; troppo leggere per la conoscenza, per la cultura del sentimento, per un dialogo intimo.

La stella cometa,  i  pastori, la neve quasi calda, popolano così l’ immaginario della gente, a dispetto di ciò che realmente rappresenterebbero, dato che quella scia luminosa non promette per molti nulla di buono, mentre i pastori in quel tempo  non erano poi così romantici. Resta la neve, ancora pittoresca, seppur scomoda in questo mondo di motori e di corse in cui si teme di doversi fermare.

Ma la befana si ostina a tornare, puntuale ogni anno, tra carboni e caramelle.

E dato che non ci resta altro per cui trasmettere una solida verità, la lasciamo entrare, in questo ultimo giorno di carezzevole sogno.

Eleonora Giovannini

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