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Arte & Cultura

L’esperienza della bellezza per salvare il mondo

Il documentario di Carlos Saura su Renzo Piano e la genesi della nuova sede della Fondazione Botín di Santander è un inno al processo creativo e al dialogo fra materia e sogno.

Nel 2010 la Fondazione Botín di Santander, emanazione di un importante istituto di credito spagnolo, commissiona all’archistar italiana Renzo Piano e al suo Studio Building Workshop l’ideazione e la messa in opera della nuova sede con l’obiettivo di regalare alla città cantabrica un polo culturale e attrattivo capace di celebrare i fasti della committenza e di ridisegnare, al contempo, il profilo dell’ottocentesca “passeggiata a mare”.

Il regista spagnolo Carlos Saura, racconta, attraverso l’occhio della macchina da presa e della videocamera la genesi del progetto: dall’ideazione alla costruzione dell’edificio dal 2010 al 2017, anno della sua inaugurazione.

Nasce così: Renzo Piano: l’architetto della luce, fascinoso quanto complesso documentario che propone allo spettatore una riflessione alta fra Cinema, Architettura e Poesia, sul processo creativo e sulla capacità dello sguardo di vedere al di là del reale.

Grande Chef di questa saporita pietanza è l’ottantaseienne regista aragonese Carlos Saura, un passato da fotografo poi trasformato in cineasta negli anni che decretano il successo del neorealismo italiano e del Cinéma vérité d’oltralpe, una filmografia che attraversa quasi sessant’anni di storia contemporanea e che vanta un contestatissimo Orso d’Oro a Berlino, nel 1981 (In fretta in fretta) e tre nomination agli Oscar come miglior film straniero per: Mamà compie 100 anni (1980), Carmen Story (19849, e Tango (1999).

L’incontro tra i due ottuagenari “costruttori di sogni” avviene sul piano semantico del terreno comune, quello della luce, appunto, che per il Cinema rappresenta il mezzo, per l’architetto genovese, una sorta di fine, e comunque un denominatore comune se si osservano quasi tutte le sue creazioni sparse in tutto il mondo.

 Perseguendo un gioco sottile di luci ed ombre il regista aragonese gioca di montaggio alternando una serie di interviste con Renzo Piano ad altrettanti spezzoni filmati che riprendono briefing tra i suoi collaboratori e i rappresentanti della città di Santander e della Fondazione Botìn, così come con le maestranze deputate ai lavori di costruzione, scoprendo, non solo i lati personali e familiari del grande architetto, ma anche tutte le fasi di sperimentazione legate alle tecniche costruttive, alla scelta dei materiali, all’invenzione di soluzioni estetiche che lanciano messaggi e precisi significati come nella scelta del rivestimento esterno in specchi ceramici che riflettendo la luce solare nelle sue diverse tonalità durante il giorno contribuiscono all’illusione di un “movimento” della struttura.

Ne scaturisce una polifonia di voci restituita dal rigore delle inquadrature formali che duetta continuamente con i movimenti fluidi, quasi una “danza” (non a caso sempre sottolineata da un commento sonoro classico) dei dolly e dei droni che restituiscono la dimensione sognante dell’edificio in costruzione.

Proprio il processo creativo sembra essere il focus dominante di questa inaspettata narrazione che tende, nelle parole dello stesso Renzo Piano a restituire la bellezza al mondo rendendola fruibile ai più come antidoto alla barbarie dominante. L’architettura, dunque, come istanza civile prima ancora che culturale.

Non a caso, l’edificio di cui si racconta la genesi ha la forma di un “visore” sospeso sul mare; un invito per i cittadini di Santander ad utilizzare la struttura come una sorta di prolungamento della città che si libra sulla baia “incorniciando” con un rigore quasi giapponese il panorama circostante.

L’arte di costruire emozioni, sembra dire il regista aragonese, che siano racconti od immagini, nel caso del Cinema; che siano esperienze sensoriali, come nel caso dell’edificazione e dell’architettura, procede per analoghi impulsi: dare luce al mondo, rivelare, ispirare gli uomini, renderli migliori attraverso l’esperienza della bellezza che gratifica ed eleva spiritualmente, anche solo per un attimo, magari restando sospesi tra cielo e mare sul “balcone – pontile” ideato da Renzo Piano per Santander.

Alberto Piastrellini

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