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Laureati e lavoratori: un divario incolmabile tra percorsi differenti

A 19 anni la maturità generalmente appare l’ostacolo più grande. Poi una volta superato questo livello, quel famoso esame sembra un lontano ricordo. Alcuni continueranno a vederlo come un incubo, altri lo terranno in un cassetto remoto della loro memoria. Tra questi diplomati, una parte terminerà il suo percorso di studi proprio con quel ricordo intraprendendo la carriera lavorativa; il resto invece proseguirà sulla strada della formazione universitaria, si informerà presso diversi Atenei, valuterà le varie opzioni e poi finalmente sceglierà il corso di studio più adatto alle sue attitudini. Un percorso lungo insomma, con tanto di specializzazioni e master e con l’obiettivo, spesso, di puntare ad un determinato standard lavorativo.

Ma come è noto, soprattutto in questi ultimi anni, non tutto è sempre così lineare. Ebbene sì, perché seppur le idee in testa siano chiare e le ambizioni siano altrettanto limpide, le cose non vanno come sperato. L’università non ti immette in una corsia preferenziale per entrare nel mondo del lavoro, per questo in molti si chiedono se sia effettivamente conveniente frequentare l’università, e se mai le spese che saranno investite in questi anni di formazione, potranno essere recuperate. Evidente è che chi andrà immediatamente a lavorare potrà ambire a posizioni occupazionali diverse ma di certo riceverà un guadagno immediato, a differenza di chi invece sceglie la via universitaria seppur poi, forse, se il mercato lo consente, potrà ripagare i sacrifici fatti. Ma quanto ci mettere quest’ultimo a raggiungere lo stesso guadagno di chi ha scelto di lavorare?

A spiegarlo sono alcuni dati Istat, relativi agli stipendi orari lordi dei lavoratori dipendenti nell’annata del 2016. Le città che emergono per prime sono Roma e Milano, nelle quali ad un laureato sarebbero sufficienti meno di 10 anni dalla sua entrata nel mondo lavorativo per riuscire a guadagnare come chi ha scelto di lavorare. Raramente però, accade lo stesso in altre città, dove per colmare il divario tra le due strade non basterebbe una vita intera: 77 anni a Viterbo, 65 ad Imperia e 56 a Campobasso.

Inoltre l’Istat ha anche calcolato approssimativamente la media del numero delle ore tra chi ha deciso di studiare e chi ha lavorato dopo il diploma, che ruota attorno alle 27.000, ovvero circa 15 anni di lavoro. Un numero impressionante elaborato grazie al differenziale di stipendio, entro cui il laureato dovrebbe guadagnare 2,27 euro lordi all’ora. Però l’Istat non specifica il dato inerente al numero di anni di studio, considerando i corso di laurea triennale, quelli magistrali, i master, i dottorati e via dicendo. Ma a parte questo, la situazione sembra piuttosto chiara anche così, tra anni di lavoro da recuperare e stipendi da prendere.

Giulia Baldini

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