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Ambiente & Società

Disuguaglianza di genere a Women’s Equality Festival

Barbara Falcomer: «Le grandi aziende hanno capito che l’inclusione delle diversità è un tema di business»

La seconda edizione di Women’s Equality Festival, manifestazione nazionale interamente dedicata alla parità di genere, si è svolta al Teatro Apollo di Lecce il 5 e il 6 aprile 2023. Il filo conduttore di quest’edizione è Entrepreneurship and Leadership. Durante i lavori sono state affrontate diverse tematiche relative alla disuguaglianza di genere, empowerment femminile e STEM. Women’s Equality Festival è un progetto in co-branding con Regione Puglia, istituzione attenta e attiva nel sostenere l’empowerment femminile. Con Barbara Falcomer, Direttrice Generale Valore D, vogliamo affrontare la situazione della parità di genere nel lavoro. 

Quali progressi per la parità di genere nel lavoro?

«Lo scenario sulla parità di genere in Italia mostra segnali positivi. I dati ISTAT del 2022 parlano di un +1.7% dell’occupazione femminile rispetto al 2021 e il Report Women in business di Grant Thornton evidenzia che lo scorso anno le donne ai vertici aziendali sono salite al 24% e quelle con ruoli nel senior management al 34%. Al riguardo, l’ultima analisi di Manageritalia dimostra che il numero di donne manager cresce del 13,5% (rispetto al 3,6% degli uomini). Restano, però, alcuni rallentamenti negli sviluppi professionali delle donne, legati, per esempio, al congedo di maternità e al cosiddetto “gradino rotto”, ossia lo svantaggio sperimentato dalle professioniste, rispetto ai colleghi, negli scatti di carriera verso i vertici. Per questo c’è ancora molto da fare: in Italia lavora poco più di 1 donna su 2 (spesso occupate in lavori poco qualificati e retribuite in maniera inferiore rispetto agli uomini) con un divario notevole rispetto al resto dell’Europa dove la percentuale di occupazione femminile è del 63,4%. È necessario, dunque, impegnarsi su più fronti perché la parità di genere non è solo un tema di giustizia sociale ma un tema di business, come confermano molti studi: secondo il rapporto McKinsey 2020 dal titolo “Diversity wins – How inclusion matters” le aziende che si collocano nel primo quartile per diversità legata al genere hanno il 25% di probabilità in più di ottenere rendimenti finanziari superiori. Oggi occuparsi del capitale umano e di organizzazione inclusiva è indispensabile per il successo delle organizzazioni e per lo sviluppo sociale ed economico del Paese. Dove c’è diversità di approcci e punti di vista c’è anche un mindset più aperto che permette di reagire più velocemente e con maggiore efficacia ai cambiamenti del mercato, che purtroppo come vediamo, subisce continui scossoni».

Le sfide da affrontare nel futuro?

«Le sfide che abbiamo davanti a noi sono ancora tante e richiedono un grande sforzo comune per superarle. Penso alla scarsa presenza femminile in ambito STEM, settore in cui si apriranno le maggiori opportunità lavorative nei prossimi anni e in cui le donne sono poco rappresentate. Uno studio di Excelsior sulle Revisioni dei fabbisogni occupazionali e professionali in Italia 2022-2026 afferma che si assisterà a una domanda crescente e trasversale di competenze digitali da parte delle imprese e della pubblica amministrazione, con circa 2,1-2,3 milioni di occupati tra il 2022 e il 2026. Inoltre, secondo l’EIGE, l’Istituto Europeo per la parità di genere, favorire la presenza femminile negli ambiti STEM avrebbe ricadute positive sull’economia, con una crescita del PIL europeo pro-capite del 2,2-3% nei prossimi 30 anni. Un altro tema di rilevante importanza è la conciliazione vita-lavoro, che vede le donne penalizzate da forti squilibri nei carichi di cura e farsi carico del 74% del totale delle ore di lavoro di assistenza e cura non retribuito (Fonte Ilo, Prospettive occupazionali e qualità del lavoro di assistenza e cura in Italia, 2018). Penso, inoltre, alla maternità, che resta il nodo principale alla realizzazione professionale delle donne e che ancora oggi può lasciare un segno nel percorso di crescita professionale femminile. Basti pensare che dopo la nascita di un figlio quasi 1 donna su 5 tra i 18 e i 49 anni non lavora più. (Inapp, Rapporto Plus 2022). È necessario un lavoro sinergico che veda la collaborazione delle aziende affinché promuovano l’equilibrio di genere, creando le condizioni per opportunità paritarie e una maggiore occupazione femminile, in un percorso di cui beneficia a scalare anche il sistema Paese. Non ultimo, è indispensabile puntare al dialogo pubblico-privato, affinché le istituzioni stesse vengano sollecitate ad intervenire con misure specifiche, come è stato per l’introduzione della Certificazione della parità di genere con la L. 162/2021, che risponde all’obiettivo di favorire l’adozione di politiche per la parità e per l’empowerment delle donne a livello aziendale».

Che reazioni registra nelle imprese?  

«Dal mondo delle imprese arrivano segnali positivi. Le grandi aziende hanno capito che l’inclusione delle diversità è un tema di business e guardano a un modello che sia davvero inclusivo. Questo perché i consumatori preferiscono acquistare prodotti da aziende sostenibili, considerati più innovativi e di maggiore qualità, mentre gli investitori preferiscono dare accesso ai capitali alle aziende con solidi piani di sostenibilità perché questo garantisce una maggiore longevità alle aziende. Nel frattempo, i talenti – e i millenials in particolare – guardano alle politiche ESG nella scelta tra le offerte di lavoro. Questi valori sono importanti anche per i “meno giovani”. Secondo l’81% delle donne e il 77% degli uomini, una cultura aziendale inclusiva è indispensabile per il successo della propria attività. (Accenture “Getting to Equal”, 2020). Perché se una persona non si ritrova nel mondo del lavoro, se questo non rispecchia il suo credo e i suoi valori, il rischio è l’allontanamento, prima emotivo, motivazionale e poi fisico. Parliamo di quiet quitting e di great resignation. Adesso la sfida è coinvolgere e le PMI, che sono la maggioranza del tessuto economico del nostro Paese e che si stanno avvicinando ora ai temi dell’organizzazione inclusiva e del capitale umano come leva strategica di business e competitività (attrazione e ritenzione dei talenti.) Il loro ruolo, per capillarità, territorialità e autorevolezza sulle comunità è fondamentale per trasformare la cultura del paese e la nostra economia». 

Francesco Fravolini

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