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Charlotte Perkins Gilman: La carta da parati gialla, storia di una reclusione

«Vorrei che la mia guarigione fosse più rapida. Ma non ci devo pensare. Questa carta da parati sembra sapere quale perversa influenza abbia su di me!»

Un matrimonio infelice alle spalle, una violenta e forse troppo sottovalutata depressione post partum, gli sconvolgenti effetti della Rest Cure (cura del riposo), ideata dal famoso neurologo di Filadelfia Silas Weir Mitchell, generarono intorno alla scrittrice Charlotte Perkins Gilman (Hartford 1860-1935) un devastante vortice di solitudine e disperazione.

Proprio a lei che amava scrivere, autrice di meravigliose poesie e testi teatrali, fu impedito di farlo. Confinata per tre mesi dal marito nella stanza “gialla” della casa estiva di campagna e spinta al limite della follia e della psicosi, la giovane donna, solo successivamente, tra il 6 e il 7 luglio del 1890, troverà la forza per raccontare la sua tragica esperienza nel capolavoro letterario The yellow wallpaper – “La carta da parati gialla”.

L’opera è, in seguito, diventata un best seller per la stampa femminista americana, che ha colto nel romanzo il preciso scopo della scrittrice: voler cambiare la mentalità della gente sul ruolo della donna nella società, mostrando parallelamente come la mancanza di autonomia abbia effetti devastanti sul lato mentale, emotivo e fisico del mondo femminile.

Ci troviamo in un’epoca dove le diagnosi di “isteria femminile” proliferavano senza controllo, e la stessa Charlotte fu per volontà del marito sottoposta al trattamento della Rest Cure, che si prefiggeva, come obbiettivo ultimo, di curare tutte le donne decise a spendere le proprie energie nello studio o nel lavoro piuttosto che nella procreazione.

Coloro che desideravano impiegare la propria esistenza nella carriera lavorativa, non desiderando la maternità, erano considerate dal neurologo Mitchell soggetti nevrotici, che dovevano essere tempestivamente curati con metodologie decisamente discutibili.

La carta da parati gialla è, dunque, la proiezione di questa inquietante esperienza che sconvolse, per diverso tempo, la vita della Gilman.

L’ossessione per quella carta arabescata, che sembra racchiudere tante figure di donne che lottano per uscire dal muro, porta l’autrice ad una progressiva perdita di lucidità, ad una crescente ossessione per il tempo e lo spazio che la circonda, a generare nella sua mente deliri e allucinazioni che si susseguono incalzanti anche nel ritmo narrativo del romanzo.

Un’opera forte e toccante, che sembra ricalcare la forte personalità della sua autrice (morta, poi, suicida attraverso una sorta di eutanasia praticata coraggiosamente sul suo corpo mediante il cloroformio). La potenza letteraria del romanzo turbò, infine, profondamente anche lo stesso Mitchell, il quale, dopo averlo letto, non poté fare a meno di apportare dei cambiamenti significativi al suo fallimentare Rest Treatment.

Ambra Belloni

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