Vulnerabilità sismica: prevenire anziché ricostruire

Intervista ad Alessandro Bianchi, presidente della GEA – prevenzione rischio sismico

Abbiamo intervistato Alessandro Bianchi, presidente e rappresentante legale della GEA – prevenzione rischio sismico, società nata nel 2010 e specializzata nelle verifiche di vulnerabilità statica e sismica di edifici esistenti, nello sviluppo di progetti di miglioramento e adeguamento sismico, nonché nella costruzione di nuovi edifici protetti sismicamente con sistemi passivi quali l’isolamento alla base.

La sismica, precisa Bianchi, viene solitamente vista come uno spettro da cui fuggire più che da affrontare, invece bisognerebbe essere maggiormente consapevoli che viviamo in una zona sismica e che il terremoto dobbiamo affrontarlo, non fuggire.Le statistiche confermano, purtroppo, che i sismi accadono! Intervallati da periodi più o meno lunghi, ma accadono. A partire dal ’97, anno del terremoto che colpì l’Umbria e le Marche, mediamente c’è stato un terremoto di una certa entità ogni cinque anni: pensiamo a San Giuliano di Puglia (2003), al terremoto dell’Aquila (2009) o a quello dell’Emilia Romagna nel 2012. Il problema della sismica esiste e va affrontato. Fortunatamente negli ultimi anni si è riusciti a capire che laddove si è fatta prevenzione, i danni causati dal terremoto sono stati nettamente minori. Norcia ad esempio il 30 ottobre del 2016 ha subito un terremoto tra i più forti mai vissuti dal Centro Italia, ma ha avuto anche la fortuna di aver subito due ricostruzioni, fatte in precedenza, di cui l’ultima nel ’97. Fu una ricostruzione “leggera”, a causa delle ristrettezze economiche, ma gli interventi effettuati furono comunque efficaci e fecero reagire molto bene il tessuto urbano. Questa è la prova che basta fare poco, ma bene! Magari anche con delle spese contenute, ma prima che il terremoto si verifichi. Le ricostruzioni, in tal modo, costeranno meno e saranno più veloci.

Se dovessimo mettere in sicurezza una struttura, si riuscirebbero a prendere in considerazione tutti i tipi di terremoto, indipendentemente dalla profondità dell’epicentro?

Assolutamente sì, le nostre faglie, infatti, sono piuttosto superficiali in tutta Italia, ma non per questo meno pericolose. La magnitudo che possono sprigionare si aggira intorno ai 6 – 6.5 gradi, ma avvenendo in superficie hanno anche meno percorso per dissipare energia e gli effetti causati possono essere davvero molto importanti.

Oggi, però, questo problema può essere affrontato con una maggiore cognizione di causa attraverso la “valutazione del rischio sismico” dei fabbricati. Vengono, cioè, presi in considerazioni diversi dati come la qualità dei materiali e delle strutture e il tipo di terreno su cui il fabbricato è fondato, quindi la caratterizzazione geologica e geofisica del suolo, che può amplificare o meno le onde sismiche. È, in effetti, proprio questo che è successo durante l’ultimo terremoto delle Marche nel 2016: amplificazioni fuori da ogni norma, che hanno colpito soprattutto le strutture più basse dei centri storici, le quali per la propria dinamica di oscillazione, hanno risentito maggiormente dell’azione sismica.

Considerando il reddito medio italiano, questo tipo di ristrutturazioni e di interventi sugli edifici possono essere considerati alla portata di tutti o hanno costi elevati?

Non è detto che un edificio esistente abbia per forza bisogno di interventi consistenti per essere messo in sicurezza. Citando alcuni parametri di norma, sostanzialmente ormai si ritiene che un fabbricato esistente abbia un sufficiente livello di sicurezza quando, se paragonato ad un edificio di nuova costruzione, possiede il 60% delle sue capacità.

Sul discorso del miglioramento, quindi, io mi trovo estremamente d’accordo; del resto, la finalità che la stessa norma sancisce è quella di salvaguardare la vita umana e l’importante è che con pochi interventi, ma fatti bene, l’edificio non crolli.

Quanto costa questo? Dipende dalla grandezza del fabbricato. Fare una “verifica di vulnerabilità sismica” di una piccola abitazione, non può costare meno di 3.000 – 4.000 euro. Da tenere in considerazione non c’è, infatti, solo il costo dell’ingegneria, ma anche le indagini sui materiali e sui terreni che le norme impongono.

L’elemento di novità è, però, che da anni esistono delle iniziative che aiutano il cittadino a sopportare la spesa economica in maniera più tranquilla, con le varie detrazioni fiscali che lo Stato ha attivato attraverso il cosiddetto “Sisma Bonus”.

In questo “Sisma Bonus” rientra anche lo “studio di vulnerabilità”?

Certamente, qualora sia dato un seguito a questo “studio di vulnerabilità” con interventi di miglioramento.

A seconda di quanto viene aumentata la sicurezza del fabbricato, in questo caso si parla di classi di rischio, anche le detrazioni fiscali possono variare. Ad esempio un aumento di due classi di rischio comporta una detrazione fiscale che può arrivare mediamente fino al 75 – 85 %.

La detrazione d’imposta, se un cittadino non è dotato di potenzialità IRPEF, può essere ceduta a imprese o istituti che se ne faranno carico, traendone ovviamente anche un vantaggio. Il discorso che ho appena fatto è molto semplificato, ma in linea generale esistono molte strade per arrivare a definire queste situazioni.

Per vostra esperienza diretta, fatta anche con i vostri clienti, che risultato hanno avuto le ristrutturazioni fatte su edifici colpiti successivamente da sisma?

La nostra azienda è nata nel 2010 ed è piuttosto giovane, ma posso comunque rispondere alla vostra domanda. Noi lavoriamo molto nell’ambito pubblico, ad esempio edifici scolastici o strategici come possono essere i comuni o la Protezione civile; in questo settore si è fatto molto e meno con il privato.Questo perché nel cittadino semplice è ancora, purtroppo, poco radicata la cultura della prevenzione.

Durante gli eventi i discorsi vengono capiti e condivisi dai cittadini, ma non se ne continua a parlare, e subito dopo il terremoto si tende a dimenticare.Mi è capitato di lavorare in un condominio a Falconara Marittima, abbiamo proposto un isolamento sismico alla base con tanto di detrazioni all’80%; inizialmente c’è stato un collettivo interesse da parte dei cittadini, ma i tempi con cui il condominio digerisce la spesa sono enormemente lunghi. Troppo spesso, però, ci si dimentica che non si tratta semplicemente di spese, ma di investimenti sulla propria vita e sul valore dell’immobile. Se si paragona il costo della prevenzione su larga scala a quello della ricostruzione, stiamo parlando di cifre nettamente diverse. La ricostruzione costa molto di più! Ma capisco che, forse, alla base c’è ancora un grande ostacolo culturale da parte del cittadino; la prima domanda che mi viene solitamente rivolta è infatti: «Non è che poi con questi lavori mi fate la polvere in casa?». 

Se potessi dare un consiglio ai nostri lettori, che sono ovviamente anche cittadini, cosa diresti loro?

Il mio consiglio non può che essere questo: mi è capitato di fare più volte sopralluoghi nelle zone terremotate, tra le macerie delle case e le polveri… e quello che si vive in quei momenti è una cosa che lascia il segno. Per cui, non posso che suggerire di iniziare a pensare al proprio fabbricato non solo per “cambiare le piastrelle o il colore delle pareti”, ma anche per capire come sono messe le nostre strutture, perché il terremoto è un evento possibile nelle nostre zone.

Credo sia opportuno procedere ad una diagnosi del proprio fabbricato e suggerisco fortemente di rivolgersi a tecnici esperti, visto che in questi anni, nel settore, si è buttata quasi tutta la categoria degli ingegneri. Vi assicuro che non tutti hanno un’adeguata preparazione per affrontare il problema, che non è solo un problema tecnico ma anche di rispetto delle risorse economiche del cittadino. Un buon ingegnere dovrebbe fare come il buon medico, e indicare quello che effettivamente serve.

Un’ultima domanda, tutta la parte burocratica di messa in sicurezza di uno stabile, anche a livello di documentazione, è direttamente e interamente gestita da voi?

Assolutamente sì. Il cittadino sostanzialmente non si deve ricordare di nulla se non, quando andrà a fare la dichiarazione dei redditi, di portare le eventuali fatture con bonifico appositamente dedicato, per consentire al proprio commercialista di applicare le detrazioni.

Ambra Belloni

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