Un uomo uccide brutalmente il suo cane

Succede di tutto in periodo di Covid-19, virus genera virus e così sfociano nuove isterie,  si coniano bestemmie mai sentite prima, si passa il tempo uccidendo donne, rimettendo in libertà pluriomicidi, programmando di regolarizzare clandestini extracomunitari, ma solo per opportunità e convenienza, non ultimo, maltrattando animali come neanche Charles Manson o Hannibal Lecter avrebbero potuto osare. Evidentemente nel Dna degli umani si sono infiltrate nuove linee di personalità auto originatesi da qualche corto circuito mentale.
In Sicilia, a Priolo Gargallo, provincia di Siracusa, giorni fa un energumeno ha preso il suo cane, di nome Matteo, lo ha legato con una catena al paraurti posteriore della sua auto, e lo ha trascinato facendolo soffrire sino ad una morte che neanche il sommo Dante saprebbe descrivere.

Come possono succedere queste cose?” si chiede l’uomo comune, ed è una domanda lecita proprio nel momento in cui il mondo intero è impegnato a combattere un nemico invisibile in una lotta che già ha lasciato sul campo migliaia di vite umane.
Il Partito Animalista Italiano, e non solo, ha presentato denuncia alla procura di Siracusa contro questa persona. Alle ovvie esternazioni dei tantissimi indignati animalisti, l’avvocato difensore del canicida ha minacciato di querelarli per le dichiarazioni, appunto, espresse sui social contro il suo cliente. Un paradosso per una qualunque comunità civilizzata.
Altri tempi quando il 23 settembre 1870, l’avvocato George Graham Vest difese un uomo del villaggio di Big Creek, Charles Burden, il cui cane era stato ucciso a colpi di pistola da Samuel Ferguson, guardiano di un allevamento di pecore. La colpa del cane era stata di essere entrato nella  proprietà del suo datore di lavoro. L’arringa finale di Graham è passata alla storia come L’ELOGIO DEL CANE ed è ritenuto il manifesto di molte associazioni animaliste degli Stati Uniti d’America.
Esistono leggi che devono essere considerate concretamente altrimenti rimangono solo dichiarazioni d’intenti; c’è oramai una letteratura voluminosissima che non lascia dubbi sull’importanza degli animali nella nostra vita e dunque sui loro diritti a partire da Plutarco per finire a Carl Safina, tanto per citare qualche illustre che rappresenta i fedeli amici dell’uomo a quattro e due zampe. Stiamo parlando di quegli esseri che ci aiutano 24 ore su 24, quando ci sono terremoti e alluvioni, sono al nostro fianco per combattere la criminalità, per scoprire il contrabbando della droga, ci aiutano a salvare persone scomparse nei boschi, sui ghiacciai o nel mare, li utilizziamo addirittura nelle guerre in missioni impossibili e si sacrificano quando necessario.

Si spera, da più parti, che in tribunale non serviranno le eventuali scuse dell’imputato perché la sicumera dimostrata dopo l’efferato delitto e poi ancora reiterata basterà a sancire una giusta condanna, pena la credibilità della giustizia.
Senza estremizzare, non sarebbe male che la più alta carica della Repubblica si presentasse come parte civile contro chi maltratta gli animali. Perché è ora non più di dire, ma di gridare: basta!
Tra le leggi in vigore ricordiamo Maltrattamenti degli animali – Art. 544-ter del Codice Penale: “Chiunque, per crudeltà o senza necessità, cagiona una lesione ad un animale ovvero lo sottopone a sevizie o a comportamenti o a fatiche o a lavori insopportabili per le sue caratteristiche etologiche è punito con la reclusione da tre a diciotto mesi o con la multa da 5.000 a 30.000 euro. La pena è aumentata della metà se dai fatti deriva la morte dell’animale”.
Neanche il celebre Pirandello, assertore del “crediamo di intenderci ma non ci intendiamo”, potrebbe confutare la comprensione di queste espressioni legali.

Bruno Cimino

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