Umbria, olio e vino nelle sale del museo di Torgiano

I due musei valorizzano la cultura del territorio e rilanciano il turismo. Le peculiarità esposte nel percorso espositivo diventano un’occasione per ammirare corredi oggettuali artistici che hanno radici antiche nella tradizione umbra, seguendo una filosofia che vede la conoscenza del passato quale sollecitazione a futura creatività.

La storia dell’olio e del vino è racchiusa nelle sale di due musei a Torgiano, a pochi passi da Perugia, nella splendida regione Umbria. Gli oggetti storici e peculiari dell’olio e del vino sono mostrati separatamente nel percorso espositivo all’interno delle sale dei due musei dedicati, a seguito dell’iniziativa culturale realizzata dall’azienda Lungarotti, da anni impegnata a rivalutare il patrimonio culturale della località. Il binomio vino-cultura è un ottimo veicolo per il turismo e i musei organizzano mostre e convegni, recuperando le tradizioni culturali e artigianali quali la ceramica, la tessitura e l’arte incisoria. Torgiano è sinonimo di qualità in fatto di vini ed è una località scelta dai viaggiatori alla ricerca di un’ospitalità raffinata, attenta ai dettagli. Seguendo il filo conduttore vitivinicolo e bacchico si possono ammirare, all’interno dei musei, corredi oggettuali artistici che hanno radici antiche nella tradizione umbra, seguendo una filosofia che vede la conoscenza del passato quale sollecitazione a futura creatività.

Museo dell’Olivo e dell’Olio
Nel percorso espositivo si può ammirare l’origine dell’olio, dove la storia riesce a far comprendere l’importanza di questo bene gastronomico. Spesso si preferisce il vino ma non è da escludere la rivalutazione, tutt’ora in atto in Italia, dell’olio. A confermare questo interesse è il Museo dell’Olivo e dell’Olio. La realtà museale è situata in un piccolo nucleo di abitazioni medioevali all’interno delle mura castellane. Il percorso si snoda lungo dieci sale, con informazioni sulle caratteristiche botaniche dell’olivo, sulle cultivar più diffuse in Umbria, sulle tecniche tradizionali e d’avanguardia di messa a coltura e di estrazione dell’olio. Le sale successive, ambientate nei locali che furono già sede di un frantoio, attivo fino a pochi decenni fa e testimoniato dalla presenza di un grande camino, ospitano una ricca documentazione relativa alla storia ed alla evoluzione delle macchine olearie: dai primi mortai in pietra, risalenti al V millennio a.C., via via, correndo lungo i secoli, alla introduzione del trapetum, l’ampia vasca di probabile origine greca definitivamente utilizzata e diffusa dai Romani, fino alle più complesse macchine a trazione animale o idraulica ed alla invenzione del sistema “a ciclo continuo” che ha segnato l’avvio per la nuova elaiotecnica. Il percorso prosegue nei due piani superiori, dove la presenza dell’olio e dell’olivo nel quotidiano, gli usi e le valenze ad essi attribuiti nel corso del tempo sono documentati in sezioni che sviluppano i temi relativi alla mitologica origine della pianta, all’impiego dell’olio come fonte di illuminazione, nei rituali delle grandi religioni monoteiste occidentali, nella medicina e nella alimentazione, nello sport, nella cosmesi, come fonte di riscaldamento e come elemento significativo di un immaginario popolare che alla pianta e al prodotto derivato dal suo frutto ha attribuito – e in parte ancora attribuisce – valenze simboliche, propiziatorie, apotropaiche e curative. La sala V, dedicata ad Athena, divinità cui si deve il dono dell’olivo agli uomini, espone, accanto a diversi oggetti che richiamano ai vari attributi della dea, un prezioso alábastron attico in ceramica a figure rosse, firmato dal Pittore della Fonderia e risalente al V secolo a.C.; l’oggetto, di straordinario interesse per l’abilità dell’artista, ritrae Athena nell’atto di ricevere lo scudo recante l’effige della civetta (suo primo emblema) dalle mani del metallurgo che lo ha creato. Di fronte, a significare l’uso remotissimo di lucerne votive, affiancata da una scheda scientifica di Mario Torelli, è esposta una lucerna trilicne del VII secolo a.C., marmorea, superbo esempio di arte dedalica. La raccolta di lucerne, che da età preclassica giunge al tardo neoclassicismo, ha esempi degni di attenzione: dalla bilicne romana in bronzo, ageminata in argento e rame, al piccolo putto bronzeo rinascimentale, alle due preziose lucerne da scala fiorentine, datate XVI secolo. Interessanti per tecniche e stili rappresentati, indicativi di correnti di gusto sensibili al mito della antichità e dell’esotismo, il gruppo delle “neoclassiche” comprende lucerne da parata che vanno dalla “fiorentina” in vetro, da Murano, alle “romane”, provenienti dalle maggiori botteghe di argentieri e bronzisti, caratterizzate da sculture che conoscono all’epoca una grande diffusione: così il Mercurio che corre sul soffio del Vento, o l’egizio, che rimanda alle campagne napoleoniche. Oliere e salsiere, ampolle per profumi e balsamari – bellissimo l’unguentario egizio in alabastro risalente al 1500 a.C. – bracieri e scaldini, testi dotti ed oggetti di manifattura popolare testimoniano il ricorrere all’olio nei secoli per i diversi usi. Al termine del percorso museale, un corridoio di proverbi e detti legati all’olio conduce alla visione di una grande tavola raffigurante un campo di olivi al vento, indicativo della attenzione al paesaggio che sottende la ricerca che ha portato alla creazione del museo.

Museo del Vino
Non è da sottovalutare l’importanza del vino con un grande Museo, nella seicentesca dimora Graziani-Baglioni, in Corso Vittorio Emanuele II, al centro del borgo medioevale, dove sono esposte testimonianze storiche della cultura vitivinicola. Aperto al pubblico per iniziativa di Giorgio e di Maria Grazia Lungarotti nel 1974, il Museo del vino è una istituzione privata nella quale si articola un percorso attraverso le civiltà e le loro testimonianze artistiche e documentarie che definisce di volta in volta gli orizzonti della produzione, dell’uso e del consumo del vino; ne sottolinea le implicazioni con altri aspetti della cultura e ne promuove lo studio interdisciplinare. Bevanda dalle forti proprietà energetiche, medicamento prezioso e taumaturgico, al vino sono stati sempre attribuiti anche significati e valori spirituali, ben testimoniati attraverso gli oltre 2.000 oggetti che, suddivisi per tematiche, richiamano alla storia della vite, del vino e delle loro raffigurazioni, attraverso lo svolgersi di oltre 5 mila anni.
Le tecniche vitivinicole e dell’artigianato ad esse inerente sono documentate da una ricca raccolta di manufatti etnografici: strumenti per la viticoltura, torchi, presse ed arredi di cantina, documentazioni relative alla loro costruzione, materiali artigianali (merletti, ricami, ferri da cialda). Una vasta raccolta di ceramiche a tema enologico e bacchico dal XIII al XX secolo è esposta secondo lo schema: il vino come alimento (boccali, misure, borracce, fiasche, coppe); il vino come medicamento (vasi farmaceutici affrontati ad edizioni antiquarie e manoscritti direttamente legati ad essi); il vino nel mito (istoriati e plastici).
La ricca serie di incisioni e disegni da Mantegna a Picasso svolge il tema bacchico e vitivinicolo documentandolo con opere di alta qualità artistica e con strumenti che didatticamente richiamano alle tecniche dell’arte incisoria, ulteriormente approfondita con l’esposizione del corpus di ex libris che segue ed allude alle espressioni contemporanee della grafica. Conclude il percorso la presentazione di testi antiquari e colte edizioni attraverso i quali è richiamata la suggestione e l’interesse che la vite e l’uva hanno esercitato nella letteratura di tutti i tempi.

Francesco Fravolini

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