Sanità a malasanità calabrese

by Bruno Cimino

Nel mese di luglio 2023 qualche testata giornalistica calabrese riportava la felice notizia che nella zona turistica Tropea-Capo Vaticano, siamo nel meridione d’Italia, c’era un’affluenza enorme di villeggianti, circa 815mila. Chi non conosce questi luoghi non sa cosa sia il paradiso terrestre, quindi il dato va considerato attendibile. Comunque, qualche giorno dopo, sempre su alcuni giornali locali, alla bella notizia ne subentrava una piuttosto preoccupante e riguardava un ennesimo riordino della sanità calabrese il cui programma prevede che “non appena sarà pronto l’ospedale di Vibo Valentia, verranno chiusi quelli di Serra San Bruno, Nicotera e Tropea”. Ovviamente i cittadini per questo futuro avvenimento sono, a ragione, a dir poco irritati.

Vista dal di fuori la vicenda, certamente di natura politica, sembrerebbe uno scherzo di cattivo gusto, eppure pare che non ci siano dubbi su quello che succederà. 

Le negative opinioni dei residenti su questa decisione sono più che lecite per il fatto che questa regione, oltre ad avere bisogno di un maggiore consolidamento degli ospedali esistenti e abbandonati al “si arrangi chi può”, è terra, come rilevato, di enorme affluenza turistica. Tanto per portare un esempio, a Tropea e dintorni, da maggio ad ottobre, c’è una popolazione pari a quella di Napoli o Genova e Bologna messe insieme. E questa è una prova che tali scelte sono davvero un’assurdità! 

Qualunque siano i motivi della chiusura di questi ospedali, si deve tenere presente che la Calabria ha un territorio vastissimo, ma una popolazione distribuita in maniera disomogenea tra città e paesi spesso distanti tra di loro, pertanto tali decisioni risuonano inconcepibili e inaccettabili. 

Purtroppo certi provvedimenti stanno abituando il cittadino al teatrino dell’assurdo, superando lo stesso Samuel Beckett.

Si rimane basiti pensando che da queste parti, passeggiando in riva al mare, se si prende una storta o ci si rompe una gamba, l’ortopedico è una variabile dipendente non si sa da chi; si può avere un trauma ad un occhio a causa del caldo, ma l’oculista non lo si troverà se non a un centinaio di km di distanza, per non parlare poi di dover soccorrere un quasi annegato per indigestione, mare mosso, insolazione o altro e sperare, inutilmente, in una camera iperbarica perché neanche questa c’è. E sono solo alcuni esempi, ma non di poco conto, poiché ci sarebbero molte criticità urgenti per le quali sarebbe logico garantire la dovuta assistenza ed il legittimo intervento.

Entrare in merito ai perché di decisioni così scellerate parrebbe fare polemiche. Ma qui c’è di mezzo la salute se non addirittura la vita delle persone e le chiacchiere stanno a zero, demandate ai comizi elettorali.

Chi tiene le redini del comando dovrebbe comprendere che le necessità non sono conteggi per far quadrare i bilanci regionali, provinciali o comunali, ma irrinunciabili aspettative sociali.

È la solita storia: il cittadino vorrebbe, a ragione e a buon diritto, vivere l’esistenza che nel 2023 l’evoluzione ci ha consegnato, ma deve subirne un’altra i cui motivi sono dovuti alle sciagurate dinamiche decretate da taluni che si sono improvvisati politici (per le esigenze altrui?). E vogliono far credere che loro sanno tutto, ma proprio tutto, specialmente se devono far quadrare i propri interessi sulla pelle della gente.

Tuttavia, visti i risultati, ignorano che le priorità più importanti in assoluto per riparare l’irreparabile sono l’Istruzione e la Sanità.

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