‘La quarta casa’ di Pamela Guglielmetti

Nel singolo convivono piglio rock ed inserti di synth dal sapore epico, riff di chitarre distorte e una sezione d’archi che regala aperture melodiche inaspettate

‘La quarta casa’ esce il 6 ottobre 2023 su tutte le piattaforme digitali. Il singolo è firmato dalla cantautrice Pamela Guglielmetti. Il brano, insieme a La legge del tempo – uscito nel maggio scorso – anticipa il quarto album in studio della cantautrice, di prossima pubblicazione per La Stanza Nascosta Records. Nel singolo ‘La quarta casa’ convivono piglio rock ed inserti di synth dal sapore epico, riff di chitarre distorte e una sezione d’archi che regala aperture melodiche inaspettate. La voce – in senso lato – di Pamela Guglielmetti si fa implacabile scandaglio interiore, medium icastico di risonanze e amplificatore di ambivalenze. Con Pamela Guglielmetti vogliamo conoscere i motivi della nascita del suo brano, parlando più in generale del valore della famiglia in questo momento storico.  

Pamela, perché nasce ‘La quarta casa’?

«Come ho più volte reso noto, non sono solita scrivere di tematiche che io non abbia affrontato nel mio percorso di vita. Scrivo di quello che conosco approfonditamente e che ha dato forti orientamenti alle mie trasformazioni personali, ma puntando su registri condivisi. Noi siamo un unico polmone in questa vita, i miei racconti sono le storie in cui ognuno può ritrovare parti di sé e del proprio vissuto, a volte conosciuto, a volte dimenticato. In questi giorni sto ricevendo moltissimi messaggi pieni di commozione e gratitudine perché tantissime persone si sono ritrovate a toccare quel punto esatto che rappresenta il “nervo scoperto”, la “ferita aperta”, mai realmente sanati. Nel caso de “La quarta casa” mi sono cimentata con un argomento universale, che ognuno di noi porta nel suo bagaglio di vita. Ho voluto però farlo con una visione molto poco considerata. Nella canzone italiana si parla molto di amore, mentre si parla di tanto in tanto del rapporto genitori/figli e lo si fa comunque sotto ottiche diverse. In questo pezzo non porto la mia storia personale per esorcizzare miei vissuti, piuttosto, metto in luce i punti che riguardano tutti noi, indipendentemente da quanto ne siamo consapevoli, cercando di darne una visione “evolutiva”. Questo è un pezzo che non avrei potuto scrivere in nessun altro momento, è arrivato in modo totalmente naturale».

Quale messaggio vuoi lanciare con il brano?

«Voglio rilanciare l’importanza del tornare in contatto con le proprie radici, dalle quali noi tendiamo a scappare. Tendiamo a dare la colpa a tutto quello che nella nostra vita non funziona, ma sottovalutiamo sempre l’importanza della eredità che ci portiamo appresso. La vera prima ferita, quella che caratterizza il nostro universo emotivo si delinea già ancora prima che noi nasciamo. Quando noi siamo ancora solo una cellula in formazione, siamo già un insieme di informazioni “registrate”. Sono molti i riscontri scientifici su ciò che può avvenire in sede prenatale, e quanto addirittura il nostro DNA sia composto da eredità della nostra stirpe genealogica. Mi interesso di queste tematiche da diversi anni. Nel 2015 sono stata ospite al Teatro Franco Parenti di Milano con un mio spettacolo sostenuto dalla Società Italiana di Psicoanalisi, dal Centro Milanese “Cesare Musatti” e dal Gruppo di ricerca Traumi e tragedie collettive, che ha aperto una giornata dedicata a realtà impensabili legate a quella che viene definita “Sindrome del sopravvissuto”, che può essere estesa ad un fenomeno che prende il nome di “Sindrome degli antenati”. Lo spettacolo inscenava la storia della prigionia a Birkenau di una delle massime esponenti della psicoanalisi italiana Luciana Nissim, la conferenza che ne è seguita apriva scenari impensati sulle eredità lasciate ai discendenti da parte di chi ha vissuto traumi di grande portata. Noi siamo le nostre radici, siamo custodi di elementi ereditari che condizionano il nostro muoverci nel mondo e il nostro bagaglio psico emotivo. A determinare il nostro universo interiore ed esteriore, la nostra maturazione e manifestazione, concorrono tantissimi fattori di cui non siamo totalmente consapevoli. I nostri genitori sono i testimoni delle nostre radici perché ne sono l’ultimo anello, prima di noi, e sono stati loro stessi figli. Se guardiamo da questa prospettiva la nostra storia famigliare, il focus si sposta immediatamente e si capisce che non esistono vittime, non esistono carnefici. Ognuno agisce in base a quelle che sono le possibilità oggettive, e dà il meglio che gli è possibile. Non è un punto di vista che deresponsabilizza, anzi, è una esortazione ad andare dentro le proprie ferite, comprenderle, comprendere anche chi ci circonda e ciò che non è nostro, abbandonando il giudizio. È un processo che fornisce una ottica grandangolare e chiede accoglienza e una necessaria presa di responsabilità verso sé stessi, abdicando al ruolo di vittima e facendo pace con la nostra storia. Soltanto noi possiamo decidere di spezzare quella catena, lo si può fare solamente con un atto d’amore. Ecco che secondo questa prospettiva ho trovato più che mai calzante intitolare questo brano “La quarta casa”; quel settore del nostro “cielo” che, secondo le scienze astrologiche, rappresenta la famiglia di origine, i genitori, il contesto in cui si è vissuto, le influenze e le eredità che questi lasciano ad ognuno di noi. In senso più profondo, è un ambito che simboleggia la vita interiore, il centro dell’uomo e dei suoi sentimenti, tutto ciò che concorre a strutturarne la personalità».

Come hai vissuto il rapporto con la tua famiglia?

«Il rapporto con la mia famiglia non è stato più o meno traumatico di tanti altri. Amo profondamente i miei genitori. Come accade a tanti, il mio temperamento, il mio desiderio di essere me stessa e non ciò che ci si aspettava da me, mi ha fatta intraprendere un percorso molto doloroso. Il dolore non è dipeso da quanto la mia famiglia fosse “sbagliata”, ma da quanto io avessi scelto di manifestare ciò che sono. Lo scegliere di fare l’artista e tenere duro su questo, ad esempio, è stato un difficilissimo terreno di scontro. Da una parte desideri toglierti di dosso un vestito non tuo che hai addosso sin da bambina e tutte le aspettative e i doveri di cui vieni investito, dall’altra riconosci che tante fragilità e forme pensiero le hai ereditate tu stessa, ciò che più detesti fa parte di te, e inizi a vedere in te ciò che combatti di tuo padre e tua madre. Il dolore subentra quando decidi di prenderti carico di tutto questo perché ti apre ad un percorso davvero profondo e devi essere disposto a denudarti di tutto. Non esistono famiglie modello e famiglie difficili, a volte le ferite più profonde si nascondono nella storia di famiglie apparentemente felici. Come dico, è la storia di tutti, la differenza sta soltanto nel volerlo vedere o meno».

Qual è il valore della famiglia in questo momento storico?

«Il ruolo della famiglia ha perso identità nel corso degli anni. Non è soltanto un fenomeno contemporaneo. Oggi i tempi sono sempre più accelerati e assistiamo a perdite di valori e riferimenti sempre più marcati e repentini. Ma secondo la mia visione i valori legati alla famiglia erano già perduti molto prima degli anni del nostro boom economico. La famiglia è diventata uno dei tanti contenitori di insegnamenti precostituiti, di doveri, di false credenze, che non puntano alla costruzione di individui unici e consapevoli, ma all’omologazione. Indubbiamente, secondo criteri legati al benessere materiale, si viveva peggio secoli fa, ma io parlo di risorse interiori, di legami di cuore, di valori insegnati e tramandati, di rispetto per le preesistenze e per la terra in cui viviamo. Quante volte ci ricordiamo che il primo grande genitore, per noi, quello che ci permette di vivere ogni giorno, è questo pianeta? Ecco, questo tutte le culture antiche lo sapevano molto bene. Le antiche culture del latino America, dell’india, dei nativi americani, per citarne alcune, hanno da insegnarci molto».

Chi è Pamela Guglielmetti 

È un’attrice, coreografa, regista, scrittrice e cantautrice: artista dalle mille sfumature, ha pubblicato il suo primo album, “L’eco dei mondi perduti” nel 2019, cui è seguito “Frammenti”, disco candidato al Premio Tenco 2020. Nel 2021 ha pubblicato “Cammino controvento”, anch’esso candidato al Premio Tenco, che sembra racchiudere la massima essenza artistica della cantautrice. “Aleph” (La Stanza Nascosta Records, 2023) è il suo quarto album.

Info

www.pamelaguglielmetti.com

info@pamelaguglielmetti.com

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Link al video: https://www.youtube.com/watch?v=zXl3ERMXz6M&t=3s

Francesco Fravolini

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