Il cappellaio matto è esistito davvero?

Tutti conoscono la storia di Alice nel paese delle meraviglie e del suo strano mondo fatto di personaggi assai improbabili, dal bianconiglio, allo stregatto, alla regina di cuori, al cappellaio matto. 

In realtà nella favola originale il cappellaio è chiamato solo così, l’aggettivo matto è stato aggiunto solo nelle edizioni successive anche se non ce n’era bisogno visto che già dai suoi ragionamenti contorti si capiva il livello di innocente follia che lo pervadeva. 

Tuttavia l’espressione matto come un cappellaio esiste ed è molto nota in Gran Bretagna ma vediamo di capire il perché. 

Pare che l’espressione inquietante matto come un cappellaio sia legata al modo in cui venivano costruiti i cappelli da uomo, accessorio irrinunciabile per i gentiluomini del 7 e dell’800. 

Nel 1700 l’industria del cappello subisce una vera e propria rivoluzione quando viene inserito nel processo di fabbrica l’uso del mercurio, che consente di risparmiare tempo e denaro nel processo di lavorazione del feltro. 

Le pelli dei piccoli animali venivano immerse in una soluzione di nitrato di mercurio di un bel colore arancione (come i capelli del cappellaio di Alice, esattamente) che consentiva di separare in modo rapido ed efficace il pelo dalla pelle, e già in questa fase il cappellaio respirava i vapori del mercurio, poi separava a mani nude il pelo dalla pelle. 

Il passo successivo era bollire il pelo compattato dal mercurio in acqua, dove venivano sciolte sostanze chimiche per farlo infeltrire, infine il feltro veniva sagomato a mo’ di tuba e rifinito con sete e pelli.

Inizia così una strage silenziosa di artigiani in Inghilterra e in Francia, dove si cominciano a vedere i primi segni di avvelenamento da mercurio, tra cui tremito incontrollato delle mani, macchie scure sulla pelle, una magrezza impressionante e un comportamento stravagante e instabile, a volte perfino pericoloso.  

Oggi l’uso del mercurio è vietato, ma ci sono voluti 200 anni perché lo fosse. 

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