L’assurda accusa di razzismo alla mascotte dei Coco Pops

Il politically correct a tutti i costi da tempo è ampiamente sfuggito di mano e rischia di ridicolizzare problematiche ben più serie, che andrebbero trattate con la giusta attenzione, con rispetto e serietà.
La diffusione e l’utilizzo massivo dei social probabilmente hanno contribuito a incrementare il fenomeno: in quasi tutte le pagine e i gruppi dedicati agli argomenti più disparati, così come sotto alle notizie di cronaca e persino sulle bacheche dei profili personali molto spesso appaiono post dai toni e dalle posizioni discutibili, in cui il “politically correct” viene applicato ciecamente per giustificare le proprie idee e zittire il prossimo anziché cercare un confronto sereno e costruttivo per entrambe le parti.
Si parla ovviamente dell’aspetto negativo del politically correct, che nasce dall’eccesso e dall’accanimento e che, ci piaccia ammetterlo o no, può essere benissimo paragonato al “nazismo”: sta diventando quasi impossibile esprimere un parere, anche perfettamente oggettivo, senza che qualcuno dia via alle cosiddette “shit storm”, tempeste di critiche e insulti volte a mettere a tacere chiunque la pensi diversamente rispetto a un determinato argomento.
Eppure, fino a pochi anni fa, più precisamente dopo l’attacco terroristico ai danni della redazione di Charlie Hebdo che causò una strage, tutti affiggevano sulle proprie bacheche social messaggi come “Je suis Charlie”, spesso accompagnate anche dalla citazione “Non condivido la tua idea, ma darei la vita perché tu la possa esprimere” della scrittrice Evelyn Beatrice Hall.
Dopo i recenti avvenimenti che hanno portato alla nascita del movimento “Black Lives Matters”, con la nobile e giustissima causa di estinguere per sempre ogni forma di razzismo, è iniziata una rivoluzione sociale e culturale che sta portando alla luce diversi simboli ed atteggiamenti che promuovono ancora stereotipi e messaggi sbagliati.
Tuttavia, come purtroppo accade fin troppo spesso, anche questa volta qualcuno ha cominciato a perdere obiettività e lucidità e a vedere con malizia qualcosa che in realtà non nasconde nessuna allusione di tipo razzista. Molti marchi stanno iniziando a essere presi di mira per qualunque cosa abbia anche solo lontanamente a che fare con termini come “moro”, “nero” o che richiami tali colori.
L’ultima e probabilmente la più clamorosa accusa di razzismo fuori luogo è stata rivolta a Coco, la mascotte dei cereali “Coco Pops” della ditta Kelloggs, dall’ex deputato labourista Fiona Onasanya.
La donna nei giorni scorsi ha scritto un’email all’azienda, chiedendo perché abbiano scelto una scimmia per rappresentare i cereali marroni al cioccolato, mentre abbiano scelto tre ragazzini bianchi per la confezione dei “Rice Krispies”. Il sospetto e l’insinuazione di razzismo sono più che evidenti, ma completamente assurde.
Non avendo ricevuto risposta alla sua email, la Onasanya ha poi postato pubblicamente un tweet dove ripeteva la domanda sottolineando il fatto di non aver ricevuto una risposta.
L’azienda questa volta non si è fatta attendere e ha spiegato che la mascotte esiste dal 1986 e che il fatto di aver scelto un animaletto simpatico come la scimmia non è altro che un modo per rendere giocosa la confezione dal momento che il prodotto è consumato a colazione principalmente dai bambini.
Forse l’ex deputata ignora che negli spot pubblicitari e nei giochini realizzati per la linea dei “Coco Pops” la mascotte è protagonista di tante avventure in cui è affiancata da altri amici animali, come la giraffa e lo struzzo, che devono difendere i cereali dall’alligatore che cerca di rubarli.
L’accusa di razzismo è talmente fuori luogo, che la notizia ha fatto il giro del mondo ed è stata trattata da diverse testate giornalistiche.
Qualche utente ha fatto notare che l’attacco polemico e insensato della Onasanya è stato oltretutto un clamoroso autogol, perché con le sue parole e la sua insinuazione ha praticamente affermato che gli esseri umani di pelle scura pensano di essere accostabili all’animale in questione o credano che gli esseri umani di pelle chiare debbano/possano pensare di paragonarli a essi.
A questo punto, non è molto più razzista credere che chi è di pelle chiara possa/debba voler accostare la scimmia agli esseri umani di pelle scura anziché voler semplicemente rappresentare una scimmia?
Ci auguriamo che questo clima sfociato in accuse alla cieca finisca e che si possa tornare al più presto a parlare concretamente e seriamente di come colmare le distanze culturali e sconfiggere davvero il razzismo.

Yami

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