La prima costruzione in muratura della Rocca è di epoca romana (III secolo). L’insediamento altomedievale successivo porta in eredità il nome latino “Mons belli” (Monte della guerra). Risale alla seconda metà del 1400 la residenza signorile risale, quando ai Malatesta subentrarono i Conti Guidi di Bagno, tuttora legittimi proprietari
Il Castello di Montebello è un piccolo tour che permette di ammirare le straordinarie realtà storiche e artistiche dell’Emilia-Romagna. Partiamo da Montebello, una frazione di Torriana, in provincia di Rimini, la quale sovrasta la valle del Marecchia e dell’Uso, assicurando al turista un affascinante panorama. La Rocca, con mille anni di storia, coinvolge le persone, senza dimenticare il suo ruolo come se fosse una sentinella di una strada: la Valmarecchia. È un collegamento di grande valore strategico perché è tiene unite Montefeltro e Toscana. Non dimentichiamo che è uno degli edifici storici più interessanti della Signoria malatestiana di tutto il territorio romagnolo. Le fondamenta del castello sono appoggiate sul picco del monte. Il mastio e parte della fortezza sono risalenti all’originale struttura, risalente all’anno 1000. La prima costruzione in muratura della Rocca è di epoca romana (III secolo). L’insediamento altomedievale successivo porta in eredità il nome latino “Mons belli” (Monte della guerra). Risale alla seconda metà del 1400 la residenza signorile risale, quando ai Malatesta subentrarono i Conti Guidi di Bagno, tuttora legittimi proprietari.
La visita
Una passeggiata riserva molte sorprese per i tesori e i segreti custoditi. Possiamo trovare mobili di pregio che vanno dal 1300 al 1700. Sono bene in vista la collezione di forzieri e le cassapanche tra cui spicca una cassa dipinta risalente alle crociate. Nei cunicoli misteriosi e negli antichi passaggi è nata la leggenda di Azzurrina, una bimba di circa cinque anni, figlia del feudatario, scomparsa nei sotterranei del castello nel 1375. La Rocca, durante gli anni ’70, ha subito un ampio intervento di rifacimento.
La leggenda Azzurrina
Tutto comincia da una storia vera. La dinamica è grosso modo quella di un comunissimo gioco infantile: il telefono senza fili. Dieci bambini si mettono uno di fianco all’altro, una frase viene sussurrata dal primo all’orecchio del vicino e via di seguito; all’ultimo essa non giungerà fedele all’originale, ma subendo un’arbitraria modificazione. La stessa cosa accadde (e tutt’ora accade per il passaparola dei visitatori alla Rocca) con la storia di Guendalina. Per evitare, quindi, conclusioni confuse, vi narriamo la sua vicenda. Figlia di un certo Ugolinuccio o Uguccione, feudatario di Montebello nel 1375, fu la protagonista di un triste fatto di cronaca.
Era il 21 giugno di quel lontano anno quando, nel nevaio della vecchia Fortezza, la bimba scomparve e non venne mai più ritrovata. La penna di un raccoglitore di storie del XVII secolo fermò così, su carta, il lungo volo di quella che, ormai, era già una leggenda: Azzurrina. Da qui dunque deriva il soprannome di Guendalina e la sua suggestione, da un ‘vero’ fenomeno che, se visto più da vicino, si scopre risultato di una tinta venuta male, perché la bambina nacque, in realtà, con capelli bianchi: albina. La diversità dell’altro è una cosa che non di raro spaventa l’uomo, oggi come un tempo. Il sospetto poi, portato all’estremo, conduce a volte, a credere in estremi rimedi. Eliminare il diverso e con esso ciò che rappresenta, può essere visto come una soluzione. Fu allora, per difendere (o nascondere) la figlia che i genitori le tinsero i capelli, ma il bianco dell’albinismo non trattiene il colore, reagisce al pigmento diventando azzurro. Ecco spiegato lo ‘strano’ caso e l’appellativo ad esso legato.
Francesco Fravolini