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Villa Necchi Campiglio, eleganza in un fermo immagine

Un luogo dove il tempo sembra essersi fermato con grazia, in una città frenetica, proiettata verso il futuro come è Milano: è Villa Necchi Campiglio, protetta dagli alberi di via Mozart con la sua facciata sussurra eleganza razionalista — sobria, misurata, eppure magnetica. Nessuna imponenza, nessun eccesso: solo una bellezza sobria, raffinata, che affascina proprio perché non cerca di farlo. Una villa che rappresenta l’anima più elegante e discreta di Milano.

Costruita tra il 1932 e il 1935 su progetto dell’architetto Piero Portaluppi, la villa fu commissionata dalla famiglia Necchi Campiglio, esponente dell’alta borghesia industriale lombarda. La loro richiesta era chiara: una dimora moderna, efficiente, ma capace di esprimere raffinatezza senza ostentazione.

La facciata incarna perfettamente questo spirito: linee pulite, volumi geometrici, ampie finestre che dialogano con il verde del parco circostante. Il rivestimento in pietra chiara riflette la luce milanese con una sobrietà quasi aristocratica. Nessun dettaglio è ridondante, e proprio per questo ogni dettaglio è perfetto.

Villa Necchi è il riflesso di una Milano che negli anni Trenta guardava al futuro, tra imprenditoria illuminata, apertura culturale e desiderio di bellezza. La zona di Porta Venezia, allora epicentro del gusto alto-borghese, offriva il contesto ideale: centrale ma riservato, elegante ma non mondano. Era la Milano che anticipava il design, la moda, il gusto internazionale.

In questa cornice, Villa Necchi è molto più di una residenza: è una dichiarazione d’intenti. Un modo di vivere lo spazio domestico con rigore, ma anche con piacere. Qui si incontrano arte, architettura e quotidianità — in un equilibrio raro.

Edificata negli anni ’30, la villa vantava comfort modernissimi, come la piscina nel giardino, prima casa privata con piscina riscaldata a Milano, un campo da tennis e un sistema di aria condizionata interno.

Due anime architettoniche: la villa porta la firma di Portaluppi, ma nel dopoguerra l’architetto Tomaso Buzzi intervenne con raffinati tocchi più caldi e decorativi. Una stratificazione di stili che la rende ancora più affascinante.

Non a caso infatti, la villa è stata scelta come location per diversi film, tra cui Io sono l’amore di Luca Guadagnino, che ne ha esaltato l’atmosfera sospesa tra nostalgia e raffinatezza.

Immergersi in questi spazi del passato, ci fa scoprire qualcosa in più di noi, di cosa eravamo e di cosa saremmo voluti essere nel futuro. Benché oggi sia un museo aperta al pubblico grazie al FAI (Fondo Ambiente Italiano), ogni ambiente della villa racconta una storia privata. Le stanze conservano arredi originali, opere d’arte, porcellane e tessuti che parlano del gusto e del tempo in cui furono scelti.

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