sono vari i casi in cui il licenziamento di un lavoratore po’ essere ritenuto illegittimo. Vediamoli insieme
Un licenziamento è considerato illegittimo quando è stato intimato in violazione delle disposizioni di legge o dei contratti collettivi di lavoro.
Questo può accadere quando si accerta la mancanza di giusta causa o giustificato motivo, sia esso oggettivo o soggettivo.
Diverse sono le tipologie di licenziamento illegittimo. Possiamo menzionare:
- Licenziamento discriminatorio: Si verifica quando la motivazione sottende una discriminazione basata su un orientamento sessuale, religione, razza, opinioni politiche o sindacali.
- Licenziamento inefficace: è il licenziamento che viene comunicato oralmente anziché in forma scritta.
- Licenziamento nullo: si ha quando è la legge a prevederlo, come nel caso di licenziamento per malattia o violazione delle tutele in materia di maternità o paternità.
- Licenziamento disposto in assenza di una motivazione valida: se l’azienda non fornisce gli strumenti per raggiungere gli obiettivi o non chiarisce i criteri di valutazione o se le ragioni economiche non sono dimostrate.
- Licenziamento ritorsivo: quando avviene in seguito a un’azione intrapresa dal lavoratore contro il datore, come una denuncia.
Qualora in giudizio si accerti che il licenziamento intimato era illegittimo le conseguenze per il datore di lavoro possono essere:
- Reintegrazione: Nei casi più gravi, il lavoratore ha diritto alla reintegrazione nel posto di lavoro e a un risarcimento pari alle retribuzioni perse.
- Indennità risarcitoria: In alternativa, il giudice può disporre il pagamento di un’indennità economica calcolata in base all’anzianità e alla gravità del licenziamento.
Il Jobs Act ha introdotto le tutele crescenti per i lavoratori assunti dal 7 marzo 2015, dove l’indennità risarcitoria aumenta in base all’anzianità.
Manuela Margilio