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Made in Italy, il consumatore americano preferisce il biologico

«Un quarto di consumatori dichiara di aver acquistato almeno una volta cibo o bevande italiane a marchio bio, anche se solo poco più della metà (57 per cento) controlla effettivamente in etichetta le informazioni relative alla provenienza degli ingredienti e al luogo di produzione».

Il prodotto biologico trionfa nei consumatori americani che mettono l’Italia al primo posto nella classifica “origine di qualità”: per i prodotti alimentari in generale (28% indica “Italia” quando pensa alle eccellenze del FOOD & BEVERAGE) e per quelli a marchio bio (26%). Le preferenze della popolazione americana sono contenute nell’indagine condotta dal Centro Studi Economici Nomisma. «Il 71 per cento degli statunitensi – si legge nel Rapporto – percepisce una qualità superiore del prodotto bio tricolore rispetto a quello di altri Paesi, tanto che più di otto su dieci sono disposti a pagare un prezzo più alto per avere la garanzia del Made in Italy nel bio. Un quarto di consumatori dichiara di aver acquistato almeno una volta cibo o bevande italiane a marchio bio, anche se solo poco più della metà (57 per cento) controlla effettivamente in etichetta le informazioni relative alla provenienza degli ingredienti e al luogo di produzione».

I prodotti più scelti

La qualità dei prodotti bio made in Italy è sempre gradita dagli americani. I beni più ricercati sono vino, olio extra-vergine e pasta: categorie di prodotto per cui i consumatori statunitensi cercano le garanzie di qualità offerte dal marchio bio e quelle su cui l’italianità è un fattore distintivo. Nessun ostacolo per il binomio bio e Made in Italy neanche per il futuro. «Il 65 per cento si dice interessato all’acquisto – si legge nel Rapporto Nomisma – di un prodotto italiano a marchio bio se disponibile presso i canali abituali. Due su tre degli attuali non users, infatti, non ha ancora mai provato il nostro bio perché non lo trova in assortimento e il 21 per cento non ne conosce ancora le caratteristiche distintive».

Francesco Fravolini

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