L’industria petrolifera britannica ha subito un colpo storico: la Court of Session di Edimburgo ha dichiarato illegale l’approvazione governativa per i giacimenti di idrocarburi Rosebank e Jackdaw. Questo verdetto, nato dalla battaglia legale portata avanti da Uplift e Greenpeace UK, segna una svolta nell’approccio del Regno Unito alla sua transizione energetica e al rispetto degli impegni climatici.
Perché questa sentenza è rivoluzionaria
Al centro della questione c’è l’errore fondamentale commesso dai governi conservatori di Boris Johnson e Rishi Sunak: nell’approvare i progetti, hanno considerato solo le emissioni legate all’estrazione, ignorando completamente quelle derivanti dalla combustione del petrolio e del gas estratti (emissioni Scope 3). Questo aspetto è cruciale, poiché queste emissioni rappresentano la fetta più grande dell’impatto climatico di tali operazioni. Il tribunale ha stabilito che, senza una valutazione completa dell’intero ciclo di vita dei combustibili fossili, le licenze non sono valide.
Jackdaw, giacimento di gas naturale nel Mare del Nord, rappresenta circa il 6,5% della produzione britannica di gas ed è gestito da Shell. Rosebank, più grande e controverso, è il più ricco giacimento britannico non ancora sfruttato, con riserve stimate tra 300 e 500 milioni di barili di petrolio. La norvegese Equinor aveva previsto l’inizio della produzione tra il 2026 e il 2027. Questi due progetti avrebbero dovuto giocare un ruolo chiave nella strategia energetica britannica, ma la sentenza li mette in pausa, obbligando il governo a riconsiderare il proprio approccio.
Il nuovo governo laburista guidato da Keir Starmer si trova ora di fronte a una decisione complessa. Da un lato, il ministro dell’Energia Ed Miliband si oppone fermamente a nuovi progetti fossili, definendo Rosebank un atto di “vandalismo climatico“. Dall’altro, il Cancelliere Rachel Reeves sembra più incline a lasciare aperta la porta agli investimenti nelle infrastrutture energetiche esistenti. La pubblicazione in primavera di nuove linee guida sulla compatibilità climatica sarà un banco di prova decisivo per il nuovo corso politico del Regno Unito.
Gli effetti della sentenza: più di un semplice stop alle trivellazioni
Innanzitutto, si crea un precedente legale importante, rafforzando il principio che le emissioni Scope 3 devono essere considerate in qualsiasi nuova concessione per petrolio e gas. Questo potrebbe influenzare profondamente il futuro del settore. Inoltre, la decisione solleva interrogativi sulla dipendenza energetica: se il Regno Unito chiude le porte ai giacimenti nazionali, dovrà importare più gas e petrolio, mettendo in discussione il bilanciamento tra energia “pulita” e sicurezza energetica. Infine, il messaggio inviato al mercato è chiaro: anche se Shell ed Equinor possono ancora ripresentare le loro richieste di autorizzazione, il contesto è cambiato. Le aziende fossili potrebbero iniziare a riconsiderare i loro investimenti nel Mare del Nord.
Mentre gli ambientalisti celebrano la vittoria, cresce il dibattito su come il Regno Unito possa gestire la propria transizione energetica senza rischiare instabilità economica e prezzi alle stelle per i cittadini. Senza una strategia chiara su energie rinnovabili, efficienza energetica e sicurezza degli approvvigionamenti, il rischio di una dipendenza sempre maggiore dall’energia importata è concreto. Questa sentenza è un segnale forte: il tempo del fossile facile è finito. Ma la vera sfida sarà trasformare questa battuta d’arresto per l’industria petrolifera in un’accelerazione per le energie pulite. Il Regno Unito sarà pronto a raccogliere questa sfida?
Riccardo Pallotta©