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La ripresa silenziosa e solida della Spagna di cui non si parla

Negli ultimi tre anni, la Spagna ha vissuto una fase di espansione economica sorprendente, distinguendosi nettamente all’interno dell’eurozona. Dopo essere stata uno dei Paesi più duramente colpiti dalla crisi pandemica – con una contrazione del PIL pari all’11,3% nel 2020, tra le peggiori in Europa – ha imboccato un sentiero di ripresa solido e costante. Dal 2021, infatti, la crescita economica spagnola ha superato sistematicamente quella dell’eurozona, grazie a un mix virtuoso di rilancio dei settori tradizionali, investimenti pubblici strategici e trasformazione energetica e digitale.

La forza della ripresa: turismo e servizi trainano la crescita

Il settore turistico, autentico pilastro dell’economia spagnola, ha giocato un ruolo centrale nella ripresa. Dopo il crollo imposto dalla pandemia, il 2023 ha segnato una vera e propria rinascita: con ricavi superiori a 180 miliardi di euro – pari al 12,8% del PIL – e un impatto diretto sul 70% della crescita annuale. Il trend positivo è proseguito nel 2024, con nuovi record in termini di arrivi internazionali e pernottamenti. Le proiezioni parlano di oltre 200 miliardi di euro di ricavi turistici per l’anno.

Il boom turistico ha avuto effetti positivi anche sull’occupazione. Il settore impiega oggi circa 2,7 milioni di persone, e ha creato quasi 100.000 nuovi posti di lavoro nel solo 2023, contribuendo al 17% delle nuove assunzioni complessive. Da segnalare è anche il miglioramento qualitativo dell’occupazione: il ricorso al lavoro temporaneo è sceso dal 34% nel 2019 all’8% nel 2023, mentre i contratti a tempo indeterminato sono aumentati fino al 90%. Tuttavia, il turismo di massa solleva anche problematiche rilevanti. La cosiddetta turismofobia – una crescente ostilità da parte di alcune comunità locali verso il turismo eccessivo – impone una riflessione sul modello di crescita del settore. Le sfide future includono la destagionalizzazione, una distribuzione più equa dei flussi turistici e un innalzamento del valore aggiunto dei soggiorni.

Il mercato del lavoro: più inclusivo, ma con criticità persistenti

La Spagna resta uno dei Paesi con il tasso di disoccupazione più alto dell’eurozona (11,2% a ottobre 2024, contro il 6,3% della media UE). Tuttavia, negli ultimi anni si sono registrati progressi notevoli. La riforma del mercato del lavoro del 2021 ha ridotto drasticamente l’instabilità contrattuale, facendo scendere i contratti temporanei dal 25,6% al 15,7% in poco più di due anni. Anche la partecipazione al mercato del lavoro è aumentata, riportando il tasso di disoccupazione ai livelli pre-crisi del 2008. Una dinamica favorita anche dal ricorso ai meccanismi di protezione temporanea durante la pandemia (come gli ERTE), che hanno permesso di conservare occupazione e reddito.

Energia e clima: il caso virtuoso iberico

Uno dei punti di forza della performance spagnola è stata la relativa immunità alla crisi energetica europea. Grazie alla deroga concordata con Bruxelles nel 2022 e all’introduzione del gas cap (40 €/MWh), la Spagna ha evitato i picchi di prezzo che hanno colpito duramente altri Paesi europei. Questo ha contenuto l’inflazione – che ha raggiunto il picco del 10,8% già nel luglio 2022, per poi calare più rapidamente rispetto all’eurozona – e ha favorito la ripresa dei consumi delle famiglie. Nel frattempo, il Paese ha accelerato sulla transizione energetica. Oggi, oltre il 50% dell’elettricità spagnola proviene da fonti rinnovabili. La Spagna è il secondo produttore europeo di energia solare ed eolica dopo la Germania, con ambiziosi obiettivi fissati per il 2030: l’81% dell’elettricità dovrà provenire da rinnovabili. Il cuore di questa rivoluzione verde si trova nelle zone interne e scarsamente popolate della Spagna centrale, dove sono sorti nuovi parchi solari ed eolici.

Una base industriale più stabile e diversificata

Nonostante la lunga fase di deindustrializzazione che ha interessato l’Europa, il tessuto industriale spagnolo mostra segnali di resilienza. Dopo un recupero tra il 2019 e il 2022 (con un picco del 16% del PIL), la quota dell’industria nel valore aggiunto si è stabilizzata intorno al 14% nel 2024, ancora sotto la media europea (17%), ma in tenuta rispetto al contesto continentale. La produzione industriale è rimasta stabile, mentre in molti altri Paesi UE è calata quasi del 10% dal 2022. A fare la differenza è la diversificazione del settore: dall’agroalimentare al tessile, dall’automotive (secondo produttore europeo con 2,2 milioni di veicoli nel 2022) alla farmaceutica e alla chimica. Le esportazioni industriali – che rappresentano un terzo delle vendite complessive – restano vitali, con una forte proiezione verso l’Unione Europea (65%).

Un contesto finanziario sotto controllo

Anche sul piano dei conti pubblici, la Spagna si distingue per la disciplina e la capacità di risanamento. Dopo aver toccato il 120% del PIL nel 2020, il debito pubblico è sceso al 102% nel 2024, vicino ai livelli pre-pandemia. Il deficit di bilancio, stimato al 3% nel 2024 (in calo dal 3,5% del 2023), beneficia della fine progressiva delle misure anti-inflazione e di una crescita più robusta delle entrate. Il Fondo Monetario Internazionale ha lodato gli sforzi compiuti, sottolineando la solidità del piano strutturale spagnolo, che punta a ridurre il deficit all’0,8% del PIL entro il 2031 e il debito al 90,6%. In cambio, il Paese si è impegnato a rafforzare gli investimenti in settori strategici, come immigrazione, edilizia residenziale e sostegno all’imprenditorialità.

Il motore della ripresa: investimenti europei e visione a lungo termine

La Spagna è uno dei maggiori beneficiari del piano europeo NextGenerationEU. Con oltre 80 miliardi in sovvenzioni e 83 miliardi in prestiti (pari all’11,1% del PIL), il Paese ha già ricevuto quattro tranche di finanziamenti, per un totale di 48 miliardi. Questi fondi alimentano il piano “España Puede”, orientato alla trasformazione digitale e alla transizione verde, e arricchito dal progetto strategico “Spagna 2050”: una roadmap di riforme strutturali fondata su nove pilastri, dall’istruzione alla produttività, dalla coesione territoriale all’adattamento demografico.

La domanda chiave è ora se questa sovraperformance sarà sostenibile nel tempo. Le basi sembrano solide: investimenti ben indirizzati, riforme strutturali, un contesto energetico favorevole e una crescente modernizzazione dell’economia. Tuttavia, permangono rischi e vulnerabilità: la disoccupazione strutturale, la dipendenza dal turismo, il peso del debito e la necessità di migliorare la produttività e la qualità dell’istruzione. Il futuro della Spagna dipenderà dalla capacità di consolidare i risultati raggiunti, diversificare ulteriormente l’economia e affrontare con determinazione le sfide che ancora la separano dai partner europei più avanzati. Se continuerà su questa traiettoria, potrà davvero diventare uno dei nuovi motori dell’Europa, nonostante quasi nessuno ne parli…

Riccardo Pallotta©

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