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Arte & Cultura

La guerra d’arte tra Italia e Germania si dibatte in tribunale. 21 crateri greci di Taranto confiscati a Berlino

Tra Italia e Germania è deflagrata la «guerra dell’arte».

Infatti l’ 11 ottobre il Tribunale di Roma ha disposto la confisca di 21 vasi apuli del IV secolo avanti Cristo esposti nel Museo archeologico di Berlino. Ornati da figure rosse su sfondo nero, i vasi di età ellenistica contesi tra Italia e Germania provengono da un corredo funerario di una grande tomba a Taranto. Vennero illecitamente trafugati dai tombaroli per finire nella rete di un commerciante e trafficante d’arte, riconosciuto colpevole di aver illegalmente rivenduto all’estero migliaia di opere italiane, sfruttando il porto franco di Ginevra dove nel 1995 fecero irruzione i carabinieri del nucleo Tutela patrimonio culturale, sequestrando tutto.

Nel 2004 il trafficante, tale Medici, fu condannato per ricettazione ed esportazione clandestina di reperti archeologici dal ’60 al ’90.

Già in quella sentenza  si evidenziava una complicità tra Medici e Jacques Chamay, all’epoca direttore del museo archeologico di Ginevra, e Fiorella Cottier Angeli, restauratrice, nella vendita al museo archeologico di Berlino dei 21 vasi».

In alcune fotografie del cosiddetto «archivio Medici» si vedono i crateri greci: prima come frammenti e dopo la restaurazione,  alla loro attuale forma integrale.

Nel 2003, Wolf Dieter Heilmayer, direttore del museo archeologico di Berlino sosteneva di aver ricevuto la copia di uno scritto del 1976 che dava conto della divisione ereditaria dei vasi apuli, poi giunti a loro. «Sulla scorta di siffatti elementi cognitivi, estremamente labili, frammentari e scarsamente verosimili, il direttore del museo berlinese – si legge nel decreto di confisca del gip – aveva ritenuto di non avvertire le competenti autorità italiane, facendo affidamento sulla implausibile ipotesi secondo la quale quei beni archeologici era stati introdotti nel territorio svizzero nel corso del XIX secolo e, dunque, precedentemente all’entrata in vigore delle norme emesse a tutela del patrimonio storico, artistico e archeologico e, in particolare, della legge n.364 del 1909, che impone di allegare un documento che attesta la liceità dell’esportazione dei beni culturali».

Si fa luce dopo tanti anni su questa storia che nasce decine di secoli fa affinché torni lì dove sia nata.

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