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La Controriforma cattolica

By Laura Tenuta

Nell’anno del Giubileo uno sguardo alla Controriforma cattolica tra storiografia e concetti.

La storiografia ottocentesca dipinge la Controriforma in maniera limitativa come dispotica risposta della Chiesa cattolica alla rivoluzione luterana. A tale visione rispose nel secondo dopoguerra l’affermarsi di un’immagine della Riforma  elaborata soprattutto da parte cattolica, e che ha come cardini la rigenerazione spirituale e morale della Chiesa e come fondamenta concetti che arrivano dal medioevo e precedono la frattura di Lutero.

Analizzando le due opposte visioni si può così sintetizzare: Controriforma gli storici indicano quel complesso d’iniziative che la Chiesa attuò nel XVI secolo e nella prima metà del XVII per combattere, contenere e, possibilmente, soffocare la Riforma protestante. La Controriforma è stata la causa di un annichilimento della libertà di coscienza e dell’impedimento dell’avanzare del progresso scientifico.  Anche dal punto di vista politico-economico ha determinato un ristagno dell’area mediterranea distinguendosi come “feudal-reazionaria” alla quale ha reagito una Riforma protestante “borghese e progressiva”.

Rivitalizzando i concetti di Riforma e di Rinascimento non segnerebbero più l’avvio della modernità con la laicizzazione della società, ma un rinnovamento etico – religioso.

In questa luce, Riforma cattolica e Controriforma sono due movimenti paralleli e complementari.

Si afferma così una prospettiva storiografica più attenta ai mutamenti soprattutto strutturali, sociali e istituzionali che agli orientamenti ideologici e dottrinari.

Non importa stabilire l’opporsi di un dato valore spirituale cattolico a uno protestante, quanto piuttosto cercare quei caratteri comuni alle varie aree europee, riformate o cattoliche che siano, che testimoniano un processo di assoggettamento tanto alle autorità civili che ecclesiastiche.

Nella Controriforma si può distinguere una parte diretta a reprimere ciò che la Chiesa considerava errore e una parte diretta a riformare la Chiesa stessa e a eliminare gli abusi che avevano provocato la rivolta dei protestanti, pur senza concedere nulla sul terreno del dogma. Questo secondo aspetto s’identifica, in particolar modo, con l’opera svolta dal Concilio di Trento (1545-63 anni in cui Paolo III indisse anche il Giubileo del 1550).

Non vi furono poi altri concili, fino al 1869, quando si tenne il Concilio Vaticano I.                                                      

Il concilio, in origine, era stato richiesto dagli stessi protestanti.

Dal punto di vista cattolico il Concilio di Trento non rappresentò la Controriforma, ma fu la Riforma vera e propria, cioè quella messa in pratica all’interno della stessa Chiesa di Roma.

Dal punto di vista dogmatico, il Concilio di Trento non portò nessun mutamento sostanzialmente innovatore nella dottrina della Chiesa. Dal punto di vista organizzativo, invece, esso rappresenta una pietra miliare nella storia della Chiesa Cattolica, poiché le conferì la struttura che, bene o male, si è mantenuta fino ai giorni nostri e che, tutto sommato, è alquanto diversa da quella della Chiesa medioevale.

Fu sancita la supremazia del papa sui vescovi e furono stabiliti più stretti legami disciplinari tra gli organi periferici della Chiesa e della Curia romana,stabiliti con precisione i doveri e i requisiti dei sacerdoti. Affinché i futuri preti potessero acquisire le doti necessarie di istruzione, moralità e fedeltà al papato, furono istituiti, per la loro preparazione, appositi centri di educazione: i seminari.

Il livello di cultura e di moralità dei sacerdoti migliorò nettamente e cessò lo scandalo dei preti ignoranti e disonesti, uno dei motivi principali di contestazione del popolo della Riforma.

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