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Ambiente & Società

L’Antropocene: un quarto d’ora geologico d’impatto per il pianeta

Tra le tracce della prima prova dell’Esame di Stato 2025, una in particolare ha fatto parlare di sé: “Un quarto d’ora geologico di celebrità”, un brano firmato da Telmo Pievani, filosofo della scienza ed evoluzionista. A sorpresa – anche per lo stesso autore – è stato scelto dal Ministero dell’Istruzione per stimolare la riflessione degli studenti su uno dei temi più urgenti e drammatici della nostra epoca: l’impatto dell’uomo sul pianeta Terra. La traccia è stata definita “difficile” da molti, ma altrettanto importante. Perché porta al centro del dibattito scolastico, e quindi generazionale, una questione che è già presente nella quotidianità degli adolescenti: la crisi ambientale. E non è un caso che a scegliere questa traccia sia stato anche il figlio dello stesso Pievani, in un curioso e simbolico passaggio di testimone.

Che cos’è l’Antropocene

Il termine Antropocene indica l’era geologica in cui l’essere umano è diventato la principale forza di cambiamento del sistema terrestre. Non si tratta solo di una metafora: molti scienziati sostengono che le tracce della nostra presenza, come lo strato di plastica nei sedimenti, i cambiamenti chimici negli oceani, la scomparsa di specie, siano tali da giustificare l’apertura di un nuovo capitolo nella storia della Terra. Il concetto, emerso nei primi anni Duemila, è stato anche discusso nella puntata di Noos, programma di Alberto Angela, andata in onda il 23 giugno scorso su Rai 1, dove proprio Pievani ha raccontato in modo divulgativo e coinvolgente come siamo arrivati a questo punto: un punto di non ritorno, o forse un bivio.

La technosfera: quanto pesa ciò che abbiamo creato

Uno degli aspetti più sorprendenti della riflessione proposta da Pievani riguarda il peso materiale della technosfera, ovvero l’insieme di tutto ciò che l’umanità ha prodotto: edifici, strade, mezzi di trasporto, dispositivi elettronici, oggetti quotidiani, infrastrutture. Secondo una ricerca pubblicata nel 2021 da un team internazionale, la massa antropogenica, cioè tutto ciò che è stato creato dall’uomo, ha superato nel 2020 quella della biomassa terrestre, ossia il peso complessivo di tutti gli organismi viventi del pianeta. Un confronto impressionante: l’umanità, che rappresenta solo lo 0,01% della biomassa globale, ha costruito circa 1,1 teratonnellate di oggetti. Una quantità che pesa quanto tutti gli alberi, animali, batteri, funghi, alghe e piante del pianeta messi insieme.

Un’eredità di cemento, asfalto, metalli e plastica

A comporre questa massa non sono solo oggetti di uso quotidiano, ma soprattutto materiali che modellano il paesaggio e alterano gli equilibri ecologici: cemento, asfalto, metalli e plastiche. Rispetto all’inizio del Novecento, quando la massa delle cose umane rappresentava solo il 3% della biomassa, oggi la crescita è stata esponenziale. Gran parte di questa impennata è avvenuta dopo il secondo dopoguerra, in un arco temporale ridottissimo a livello geologico: poche generazioni, le nostre. “È proprio questo “quarto d’ora geologico di celebrità””, per usare la felice espressione di Pievani, “che ci dovrebbe far riflettere: in pochissimo tempo abbiamo modificato in modo irreversibile la Terra. E ora toccherà ai giovani rimediare, ripensare, ricostruire”.

I nativi climatici: una generazione che nasce nella crisi

Nella puntata di Noos, Pievani ha lanciato un messaggio di fiducia nei confronti dei ragazzi e delle ragazze di oggi. Non solo perché sono consapevoli della crisi climatica, ma perché ci sono nati dentro. Se la generazione di Pievani e Angela ha dovuto apprendere gradualmente l’esistenza del problema, la generazione successiva, sono i cosiddetti nativi climatici: cresciuti tra Greta Thunberg e Fridays for Future, tra bollettini meteo estremi e notizie sugli eventi catastrofici. Questa familiarità, paradossalmente, li rende più pronti a cercare soluzioni. “Loro – ha detto Pievani – danno per scontato il cambiamento climatico. E vedo che sono molto proiettati alle soluzioni”. La sfida dell’Antropocene non è solo comprendere l’entità del danno, ma anche generare innovazione, resilienza, giustizia ambientale. Pievani lancia infine un monito chiaro: ovvero non serve moralismo, né paternalismo, serve offrire strumenti, risorse, fiducia. Le soluzioni non verranno da chi ha contribuito a generare il problema, ma da chi oggi ha occhi nuovi per guardare il mondo. Come accade in ogni fase di grande trasformazione, saranno i giovani a scrivere il prossimo capitolo.

Conclusione: un tema da maturi

Che un testo sull’Antropocene sia finito tra le tracce della maturità è un segnale potente. Non solo perché invita i giovani a riflettere sulle sfide del futuro, ma perché dice agli adulti che questi temi non sono più opzionali. Sono il cuore del presente. Il peso delle cose che abbiamo creato non è solo fisico: è anche morale, ecologico, politico. E se l’Antropocene ci mostra i limiti di un modello di sviluppo insostenibile, ci offre anche l’occasione per un cambio di paradigma. Non è troppo tardi per agire, ma è certamente il momento di maturare. Tutti.

By Pallotta Riccardo

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