Giulia Mei, cantautrice siciliana, è in tour per promuovere il suo secondo album
Per interpretare, senza andare a sbattere, una canzone con un ritornello che fa, “della mia fica farò una bandiera che brillerà nella notte nera”, devi possedere tanto coraggio, ma non solo. Devi proporre un testo “alto”, originale, didascalico, ma attenzione, non puoi correre il rischio di sembrare spocchiosa, altrimenti è finita. Una canzone così forte basta poco per farla diventare fragile (quindi attaccabile). Giulia Mei non solo è riuscita a rendere questo suo brano resistente alle scalfitture della critica e dell’infido perbenismo che inzuppa la nostra società, ma riesce a portarci a quel ritornello col susseguirsi di strofe che trasmettono un tale desiderio di liberazione da trasformare “…della mia fica farò una bandiera….”, in qualcosa di vitale, come ossigeno per il cervello.
Giulia Catuogno, in arte Mei, è una cantautrice e pianista, nata a Palermo nel 1993. Si è laureata in pianoforte e in didattica della musica presso il conservatorio di Palermo e quello di Bologna. Parallelamente agli studi accademici, si dedica alla scrittura dei testi delle proprie canzoni, che le consentiranno di collezionare vari riconoscimenti, come il “Premio Alberto Cesa”, il “Premio Lauzi” e il massimo riconoscimento del pubblico a “Musicultura”. Proprio il premio in quest’ultima kermesse marchigiana le consentirà di mettersi in luce davanti al grande pubblico aprendo un concerto di Roberto Vecchioni nel 2018. Ed è proprio al cantautore di Carate Brianza che la Mei dedica il brano “Tutta colpa di Vecchioni”: un inno dedicato a chi cerca la propria strada, da persona “capatosta”, senza farsi frenare da consigli non richiesti, “sono di quelli che hanno fatto sacrifici ma sono felici, sono di quelli che hanno scelto di scegliersi la vita, io sono io, chiamami pure fallita”.
Giulia Mei è in tour per promuovere il suo secondo album, “Io della Musica non ci ho capito niente”; il titolo sulla copertina del vinile è scritto in modo disortografico, una trovata che, a nostra interpretazione, fa il paio con il titolo stesso, cercando una forma di ribellione verso la rigida e classica disciplina musicale, che spesso ti impedisce di scrivere qualcosa di autentico.
Giulia Mei questo schema lo vuole infrangere con cognizione di causa, visto che arriva dal pianoforte classico. Poi ha voluto “giocare” con le note, studiando e imparando nuovi metodi, nuovi canali, come la musica elettronica, stando ore ed ore davanti al computer per creare nuove sonorità.
E il risultato evidenzia una spiccata qualità artistica, espressa da una giovane entità umana che riesce a trovare il vestito (musicale) giusto per testi coinvolgenti e suggestivi. La Mei è una di quelle cantautrici capaci di creare quel genere di canzoni che, dopo averne ascoltata una, non sei più quello di prima. Come in un viaggio, come in un’esperienza nuova.
Il primo album uscì nel 2019 dal titolo “Diventeremo adulti”, che fu finalista alle targhe Tenco, come miglior disco esordiente. Nel 2021 la cantante siciliana si aggiudica “Genova per noi”. Il singolo “Bandiera” diventerà la colonna sonora delle manifestazioni del 25 novembre (la giornata internazionale contro la violenza sulle donne) e, nell’edizione 2024 di X Factor, conquista pubblico e giuria. La Mei diventa poi la vincitrice del Premio della critica a “Voci per la Libertà – Amnesty International 024”.
In “Io della musica non ci ho capito niente”, troviamo 12 brani, tra cui, oltre a “Bandiera”, “Genitori” (in cui esprime un efficace, “ Noi siamo i figli degli sbagli dei figli di altri genitori”), “H&M”, (“credo nell’amore ma non mi applico”), “Mio padre che non esiste”, (“mio padre che non esiste esiste ancora nella mia testa, e anche se forse non sarà abbastanza sarà la prova della sua esistenza”).
La capacità di Giulia Mei nel coinvolgere il pubblico è frutto dal fatto che le sue canzoni diventano il racconto delle storie di tante persone, lei ha il coraggio di esporsi, per diventare la voce di quella porzione di società che (spesso) rimane socialmente afona.
Scrive i testi con lo sguardo dei “vecchi” cantautori degli anni settanta e ottanta (Bennato, Bertoli, Vecchioni, Stefano Rosso…) e interpreta sublimando una personalità, ora forte, amara e ironica, ora intensa e sensibile. In questo, osiamo dire, che ricorda Gabriella Ferri.