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Giovani e digitale, la sfida culturale del XXI secolo

Il nuovo paradigma economico favorisce il digitale che stravolge le abitudini della popolazione. I giovani sono conquistati dalle app, cambiano il loro modo di conoscere la realtà sociale

Il digitale coinvolge i giovani e stravolge il paradigma sociale ed economico. Le APP sono una nuova modalità con la quale conoscere la realtà sociale e prendere decisioni, decidere cosa consumare, immaginare la nostra vita. Il XXI secolo lancia la sfida culturale:  il percorso digitale per apprendere senza dimenticare le potenzialità della tecnologia. Se pensiamo che è sufficiente una APP per acquistare, viaggiare, aprire un conto corrente bancario, gestire la propria abitazione (domotica) possiamo comprendere che il mondo digitale delinea un nuovo modo di vivere, conferendo un significato diverso alla vita. I giovani sono affascinati da questo mondo perché nativi digitali, quindi si sentono nel loro naturale habitat quando usano lo smartphone. I giovani dovrebbero sviluppare maggiormente il percorso culturale al pari di quello digitale, proprio per avere maggiore conoscenza rispetto alle diverse scelte da adottare nella vita. Con Natalia Pichierri, docente di Pianificazione strategica e sicurezza informatica per il Master Management degli Istituto scolastici, educativi e formativi (MIS) di Tor Vergata a Roma e Project Management, riflettiamo sulla potenzialità del digitale e sul ruolo del web nel XXI secolo.

Come coinvolgere i ragazzi in questa rivoluzione digitale?
«Nel 2001 Prensky suddivise la società in nativi e immigrati digitali (Digital nativs, digital immigrants – 2001) intendendo per nativi digitali coloro che, nati intorno al 1978, hanno avuto a che fare, sin dalla loro nascita, con i device digitali, considerati parte integrale della vita a tal punto da sviluppare differenti schemi mentali rispetto ai genitori. I nativi digitali sono abituati al multitasking, prediligono le immagini ai testi scritti, sono incapaci di seguire contenuti non ipertestuali e ragionamenti lineari che richiedono molto tempo per essere appresi. Secondo questa tesi non sarebbe necessario un convolgimento ulteriore in quello che è il loro mondo. Tuttavia, il pensiero di Prensky insieme alle convinzioni di coloro che sostengono una trasformazione celebrale e genetica con una nuova intelligenza digitale, è stato ampiamente criticato tanto da parlare di neuromitologie per indicare che si tratta di affermazioni senza fondamenti scientifici. Non c’è uno studio che dimostri queste differenze tra nativi e immigrati digitali e l’unica dimostrazione scientifica riguarda le differenze tra utilizzatori e non utilizzatori di strumenti tecnologici: il cervello si specializza in breve tempo attraverso le azioni ripetute, ciò è possibile in ogni età. Le tecnologie permettono di avviare aree cerebrali che ognuno di noi attiva quando compie un certo compito ma si tratta di attivazioni di scopo che possono essere indirizzate verso varie strade. Possiamo, in sintesi, ammettere l’esistenza di uno spazio educativo per accrescere la consapevolezza e la saggezza digitale dei giovani, e ciò sarà possibile, a mio avviso, attraverso una nuova literacy digitale da integrare nel curriculum dell’istruzione formale».

Che ruolo svolge la cultura nell’apprendere le potenzialità della tecnologia?
«Le tecnologie dell’informazione e della comunicazione hanno la potenzialità di aumentare le capacità cognitive innate nell’uomo. La saggezza digitale, tuttavia, può e deve essere insegnata per rendere i giovani i protagonisti attivi della rivoluzione digitale in essere. Da qui, il ruolo di genitori e docenti: gli educatori devono assumere il compito di guidare, fornire contesti, controllare la qualità nell’uso delle nuove tecnologie per l’apprendimento; i genitori devono riconoscere in quale misura il futuro sarà mediato dalla tecnologia e incoraggiare i figli ad un uso consapevole. A livello metodologico e pratico bisognerebbe partire proprio dalla scuola intesa come comunità educante che coinvolge diversi stakeholder e, soprattutto, dalla funzione dirigenziale ancora troppo ancorata alla burocrazia e alle impellenti scadenze che tendono ad offuscare quella che è, a mio avviso, la strada per la ripresa economica e socio-culturale del nostro Paese. La tecnologia può supportare, ad esempio, l’insegnamento/apprendimento. Gli strumenti di telecomunicazione come le e-mail e Internet forniscono un mezzo per il dialogo, discussione, e dibattito interattivo per la costruzione sociale di significato. Gli studenti possono parlare con altri studenti, insegnanti e professionisti anche in community lontane dalle loro aule. Gli strumenti di telecomunicazione possono dare accesso agli studenti a diverse fonti di informazioni che aiutano loro a comprendere non solo la propria cultura ma anche culture differenti. I programmi di scrittura in rete forniscono piattaforme per scrivere in maniera collaborativa. Gli studenti possono scrivere per un pubblico reale che risponde all’istante e che partecipa all’attività di scrittura collettiva. Le simulazioni possono condurre ad un apprendimento significativo ponendo l’oggetto dell’apprendimento in attività del contesto reale. Si può, ad esempio, simulare un impianto di energia nucleare, scrivendo sull’argomento delle storie coinvolgenti su una rivista, o trattando i problemi dell’inquinamento delle acque locali. Bisogna valorizzare il ruolo della tecnologia e dei new media come parte integrante delle conoscenze e dei processi cognitivi. Si tratta di guidare processi informali di  apprendimento, contraddistinti dalla dinamica di crescita e sviluppo della rete, in cui i contenuti derivano da diverse fonti, sono forniti dagli utenti e distribuiti in vari formati e media dal momento che l’apprendimento può risiedere anche in applicazioni non umane».

Francesco Fravolini

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