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Un coraggioso esperimento monetario, Giacinto Auriti a Guardiagrele

Liberarsi dal controllo economico dello Stato sulle nostre vite è possibile, come dimostrato in un piccolo paese del centro Italia qualche anno fa

Era il luglio del 2000 e a Guaridagrele, piccola cittadina abruzzese con alto numero di suicidi per insolvenza, c’era aria di gradi cambiamenti. Un suo cittadino, Giacinto Auriti, fondatore e segretario del SAUS (sindacato anti-usura), iniziò a mettere in circolazione una nuova moneta, il SIMEC (SIMbolo EConometrico di valore indotto), con l’obbiettivo di operare un esperimento economico. La finalità era quella di dimostrare come il valore del denaro è frutto di una convenzione sociale e dunque spetterebbe al popolo e non allo Stato definire il suo ammontare. La moneta di Auriti era infatti di esclusiva proprietà del portatore, al fine di liberare l’aspetto economico della vita della popolazione dal controllo operato dalla Banca d’Italia attraverso la definizione del valore del denaro. Il principio del meccanismo voleva dunque che il valore della moneta dovesse essere dato da chi la accettava (cittadino) e non da chi la emetteva (Stato), sulla base soprattutto della così detta “abolizione degli accordi di Bretton Woods” del 15 agosto del 1971, su iniziativa di Richard Nixon, che pose fine alla convertibilità in oro del denaro.
Il meccanismo dell’operazione era il seguente: i cittadini coinvolti accettavano per convenzione che il Simec valesse il doppio della lira, nel momento in cui si recavano a cambiare la valuta corrente con la nuova ne uscivano con una quantità di denaro raddoppiata, cosa che portò rapidamente al loro arricchimento. L’esperimento rivitalizzò in maniera eccezionale l’economia del paesino abruzzese e sollevò un enorme polverone a livello internazionale, mettendo in discussione la credibilità della moneta emessa dallo Stato e portando infine all’intervento della Procura di Chieti che ritirò il SiMEC su pressione di alcuni commercianti locali e della Banca d’Italia.

Glenda Oddi

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