by Bruno Cimino
Perché si rimane estasiati dal capolavoro di Sandro Botticelli (Firenze, 1445 – 1510)? Perché non smetteremo mai di ammirarlo? Perché è uno dei maggiori artisti del Rinascimento? Perché dalla Galleria degli Uffici di Firenze è spesso richiesto per mostre dalle maggiori capitali del mondo e perché è senza dubbio il più visitato? Ogni appassionato di arte ha la sua risposta che corrisponde ad emozioni personali.
Alessandro di Mariano di Vanni Filipepi, conosciuto con il nome di Botticelli forse per via del soprannome del fratello Giovanni (che era detto “Botticello” in quanto orafo, in dialetto “battiloro” o anche “battigello”), realizzò questo dipinto nel 1477 su commissione di Pierfrancesco de Medici, cugino di Lorenzo il Magnifico.
Moltissimi storici dell’arte, da Giorgio Vasari sino ai nostri giorni, si sono avventurati nell’interpretazione di questo dipinto, ma le conclusioni non hanno riscontrato, a tutt’oggi, unanimi competenti opinioni, anzi, spesso si sono rivelate addirittura difformi.
E allora che ognuno abbia i suoi palpiti nell’estasiarsi ammirando questo stupendo capolavoro!
Esplorando, direi indegnamente le singole figure dell’intera rappresentazione.
Sebbene sostare lo sguardo su ogni elemento è un piacere per la mente e per il cuore, il ‘quadro d’insieme’ è appannaggio della singola persona.
Il dipinto, realizzato su legno di pioppo, con un’antica tecnica pittorica simile all’affresco, ossia in tempera grassa su tavola, raffigura nove personaggi della mitologia classica: Zefiro, Cloris, Flora, Venere, le Tre Grazie, Mercurio e Cupido ed è arricchito da oltre cinquecento esemplari di piante su un prato fiorito davanti a un bosco di aranci e alloro.
A destra del dipinto c’è Zefiro, la personificazione del vento che soffia da Ponente, che abbraccia la ninfa Clori dalla cui unione nasce Flora: la dea della fioritura e della giovinezza nonché protettrice della fertilità. A seguire, troviamo Venere (la modella ritratta è la nobildonna Simonetta Cattaneo Vespucci di Genova), la dea dell’amore, castamente vestita e incinta. In alto vediamo il dio dell’amore Cupido, bendato, mentre scocca la freccia.
A sinistra danzano, in cerchio, le Tre Grazie, Aglaia, Eufrosine e Talia divinità della natura, figlie di Zeus che simboleggiano lo splendore, la gioia e la prosperità.
E infine Mercurio, il messaggero degli Dei con elmo e calzari alati che con il caduceo allontana le nuvole.
Nel suo insieme il celebre dipinto non è solo una rappresentazione di una stagione, ma un simbolo universale di rinascita, trasformazione e nuova vita.