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EMOJI: quando sono nati e perché?

E’ impensabile immaginare di scrivere via cellulare senza l’utilizzo delle emoji. Nell’intento di abbattere la difficoltà espressiva di una comunicazione spesso arida e soggetta a fraintendimenti, gli emoji si rivelano talvolta un salvavita, o al contrario enfatizzano ciò che non si vuol dire verbalmente/per iscritto.

Gli emoji sono entrati nella nostra comunicazione quotidiana, spinti dalle chat e dai social, aiutando talvolta a superare le barriere linguistiche e a lanciare messaggi sociali.

Gli emoji nascono negli anni Novanta in Giappone, ma a creare una versione primitiva è stato  Scott Fahlman è stato il padre di questi simboli: professore di informatica alla Carnegie Mellon University, negli Stati Uniti quasi quarant’anni fa, nel settembre 1982, servendosi dei tre caratteri della tastiera di un computer (due punti, trattino e parentesi tonda) ha usato l’espressione di felicità e tristezza in una comunicazioni tra colleghi, con l’intento di distinguere i messaggi scherzosi da quelli seri.

E’ così che  ogni anno, il 17 luglio, c’è una giornata dedicata, il World emoji day, istituita nel 2014 da Jeremy Burge, fondatore di Emojipedia, il sito che raccoglie e cataloga tutte le faccine.

La grande diffusione degli emoji risale invece al 2011. 

In tendenza con la loro evoluzione al passo del tempo, sono state modificate per evidenziare il concetto di inclusività, come il diverso colore della pelle, unioni civili e anche per lanciare messaggi, come il simbolo della vaccinazione e l’emoji con la mascherina arrivati in piena pandemia. 

Curiosità: emoji più amati sono quelli relativi agli sport e al cibo.

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