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I dischi delle ossa, frammenti di libertà nell’URSS

Quando era proibito ascoltare musica occidentale a causa della guerra fredda fiorì un mercato clandestino di “vinili”

Il regime dell’URSS, si sa, non andava per il sottile riguardo divieti e proibizioni, condizionando la vita delle persone sia nelle piccole che nelle gradi scelte e sottoponendola a controlli rigorosi. Uno dei divieti era legato all’ascolto e alla messa in commercio della musica americana o di emigrati, perché ritenuta prodotta da “nemici” del regine. Dal 47’ al 64’ Elvis Presley, i Beatles e tanti altri, erano dunque assenti dagli scaffali dei negozi di dischi sovietici ma non certo dal cuore delle persone. La musica proibita veniva infatti incisa clandestinamente su supporti di fortuna che era possibile reperire facilmente e a costo zero: le radiografie scartate dalle case di cura. Si parla per questo di “dischi delle ossa”, degli apparenti vinili che risultano però ad un esame più attento eccezionalmente sottili e con l’immagine di parti dello scheletro impresse sopra. I destinatari dello smercio clandestino di musica erano soprattutto gli stilyaghi: giovani che volevano emulare la moda e lo stile di vita occidentale, per questo fortemente osteggiati dalle autorità che diffusero una loro visione come ragazzi pigri e superficiali. L’ideale sovietico voleva infatti cittadini rigorosi sostenitori del regime, devoti al lavoro e alla disciplina. I “dischi delle ossa” erano dunque molto più che fonti di svago, erano frammenti di libertà, tanto desiderati da rendere la popolazione disposta ad acquistarli illegalmente. A distanza di decenni, quelli che erano soltanto poveri e grotteschi supporti per le incisioni sono ormai importanti testimonianze culturali della storia del regime sovietico e per questo sono protagonisti di mostre ed esposizioni museali.

Glenda Oddi

immagine in copertina presa da Twitter

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