Image default
Ambiente & Società Natura&Animali

Come sarà il futuro del nostro pianeta dopo l’elezione di Trump?

L’elezione di Donald Trump alla presidenza degli Stati Uniti segna un potenziale punto di svolta per le politiche climatiche globali. Con una visione apertamente scettica verso la transizione ecologica e una preferenza dichiarata per i combustibili fossili, le decisioni della nuova amministrazione potrebbero avere ripercussioni profonde e durature sull’ambiente, sulla geopolitica e sulla cooperazione internazionale.

Un ritorno al “Drill, Baby, Drill

Trump ha ribadito il suo impegno verso la promozione dell’industria dei combustibili fossili, rilanciando lo slogan “Drill, Baby, Drill”. Si tratta di uno slogan della campagna repubblicana del 2008, utilizzato dall’ex-governatore del Maryland Michael Steele. In sostanza il motto esprime il sostegno incondizionato all’aumento delle trivellazioni per petrolio e gas come fonti di energia. Tra le prime decisioni del Trump II, il ritiro degli Stati Uniti dagli Accordi di Parigi rappresenta un chiaro segnale di disimpegno dagli sforzi globali per limitare le emissioni di gas serra. Secondo Francesco Ferrante, vicepresidente del Kyoto Club, questa mossa era prevedibile: “Di questo tema e dell’attacco al Green Deal ha fatto il centro della sua campagna elettorale vincente”. Le conseguenze dirette di queste scelte si rifletteranno in un aumento delle emissioni statunitensi, con stime che prevedono 4 miliardi di tonnellate di CO2 aggiuntive entro il 2030. Inoltre, il disimpegno degli Stati Uniti pone a rischio gli obiettivi climatici globali, compromettendo la credibilità della cooperazione internazionale.

Una visione negazionista

L’amministrazione Trump ha spesso descritto le energie rinnovabili come una “truffa verde” e minimizzato la gravita della crisi climatica. La sua politica include la revoca di limiti sulle emissioni, come quelli applicati ai veicoli in California, e il disimpegno da consessi internazionali, tra cui il Network of Central Banks and Supervisors for Greening the Financial System (NGFS). Questa retorica non solo polarizza l’opinione pubblica, ma rallenta anche i progressi verso una transizione ecologica già avviata. Tuttavia, molte forze interne agli Stati Uniti continuano a sostenere un futuro più sostenibile.

Il ruolo emergente di Cina ed Europa

Con gli Stati Uniti in ritirata, Cina ed Europa stanno assumendo una leadership più marcata nella lotta al cambiamento climatico. La Cina, leader globale nella produzione di pannelli solari e turbine eoliche, sta investendo massicciamente in energie rinnovabili, con un aumento del 45,2% nella produzione di energia solare e del 18% in quella eolica. L’Europa, dal canto suo, rimane fedele al Green Deal, con un forte impegno verso la biodiversità e il ripristino degli ecosistemi. Luigi Di Marco, di Alleanza Italiana di sviluppo sostenibile, sottolinea: “Ancora di più l’Europa deve investire nel green e nella transizione energetica”.

Le forze interne di resistenza negli Stati Uniti

Nonostante l’approccio di Trump, molte città, stati e aziende negli Stati Uniti continuano a spingere verso la sostenibilità. La green economy sta crescendo, con investitori e società private che guidano la transizione energetica, anche in aree tradizionalmente conservatrici. Jonathan Pershing, esperto climatico, sottolinea: “La crisi climatica è un problema globale che richiede un’azione urgente”. Anche il mercato e l’innovazione tecnologica giocano un ruolo chiave: secondo molti esperti, le tecnologie già disponibili continueranno a progredire, indipendentemente dalle decisioni politiche.

Le implicazioni globali

Il disimpegno degli Stati Uniti sotto la presidenza Trump evidenzia la crescente importanza di un’azione coordinata a livello globale. Se da un lato le sue decisioni minano la fiducia internazionale, dall’altro sottolineano l’urgenza di rafforzare la cooperazione tra gli altri attori globali, come Europa e Cina. Il futuro del pianeta appare sempre più legato alla capacità di trovare soluzioni collettive e innovative per affrontare la crisi climatica. La presidenza Trump rappresenta un passo indietro nelle politiche ambientali, ma la resilienza delle forze interne agli Stati Uniti e la leadership emergente di Cina ed Europa lasciano intravedere la possibilità di un futuro sostenibile.

Come affermato da Trump: “Gli Usa non saboteranno le proprie industrie mentre la Cina inquina impunemente”. La domanda che rimane è se il mondo potrà permettersi di aspettare.

Riccardo Pallotta©

Altri articoli