UNA FESTA CON CINQUANTA MILA INVITATI

FABI GAZZE’ SILVESTRI TRASFORMANO UNA SERATA IN MAGIA

Un evento grandioso. Sì, un evento e non un semplice concerto, perché di questo si è trattato, quello che ha colorato i cieli del Circo Massimo il 6 Luglio, perché questa sera doveva vincere la musica con le sue battaglie, alcune vinte, molte (forse?) perse, come canta Silvestri, la fortuna di nascere nel posto giusto non deve essere una condanna per gli altri… .

Un incontro di 10 anni fa nella terra rossa del Sud Sudan, continua a far vibrare corde di chitarra e dell’anima, con melodie e parole che scuotono, risvegliano e denunciano.

Come il gigantesco albero sul palco, la loro musica ha raggiunto con i suoi rami, radici e uccelletti tutti i 50 000 fortunati che sono riusciti ad accaparrarsi il biglietto dell’evento, facendole cantare, ridere, saltare, piangere e abbracciarsi.

Il trio riunito – “one shot”, assicurano loro, questa è stata l’unica possibilità di vederli nuovamente suonare insieme – amici da oltre 30 anni, ci ha accompagnato durante la serata con immagini evocative, anche ai loro albori, con autoironia di quando si suonava solo per pochi amici, di quando salivano sul palco improvvisato del famoso Locale, che musicalmente li ha visti nascere. 

Tre ore di concerto, con alcuni pezzi mai eseguiti prima dal vivo, oltre alle hit di ciascuno e due o tre canzoni a testa scritte tra il 2014 e oggi. A dare il segno del cammino compiuto in questi dieci anni, ognuno a modo proprio ma ognuno – ci tengono a sottolinearlo – con una maggiore identità dopo quel primo viaggio in Africa.

Perché la storia, vale la pena ricordarla, è andata così. Tre amici, l’idea di partire insieme senza una meta musicale prestabilita, un’avventura in Sud Sudan al fianco di Don Dante Carraro e di Medici per l’Africa – Cuamm, l’incontro con volti, “insetti e proiettili sopra la testa”, l’ispirazione per un album e un tour lungo due anni in Italia e in Europa. Lo ricorda il filmato mandato sugli schermi prima dell’inizio del concerto.

Però la storia, come la vita, è poi proseguita per Niccolò, Max e Daniele. Con percorsi lineari ma diversi, Silvestri racconta che quando collabori in questo modo con amici e musicisti, sei quasi costretto a tirare fuori i tuoi punti di forza e a capirli meglio. E anche adesso, a distanza di 10 anni, è riemersa questa caratteristica stimolante. Io stanotte ho scritto un pezzo”. “Io ne stavo registrando uno stamattina”, ribatte Fabi. “Io voglio andare in pensione”, scherza Gazzè, ma neanche troppo: “Pensavo di passare i prossimi 20 anni a scrivere musica per hobby. Non voglio fare nulla che non rispecchi ciò che sono in quel momento”.

Dieci anni in più sulle spalle, con rughe sul volto, ma anche solchi nel cuore e nella mente, battaglie acuitesi, legami persi, emozionante il pezzo di Fabi sulla figlia persa. Nonostante tutto ciò, continuano a prendersi in giro a vicenda, “come se suonare al Circo Massimo, nella propria città, davanti a 50mila persone non costituisse una tappa miliare nella carriera di chiunque. Non siamo gente da stadio”. “Ritrovarsi insieme dopo 10 anni è stato semplicissimo – racconta Fabi – proprio perché i tratti caratteriali che ci contraddistinguono sono perfettamente compatibili. Abbiamo una grande consapevolezza della nostra identità e questo fa sì che non ci sia alcun bisogno di espanderla: nessuno invade mai lo spazio di palcoscenico dll’altro”.

Nell’epoca in cui l’auto-tune crea le hit, questi tre amici portano a viva e forte voce sul palco la propria artigianalità, gli errori di Silvestri nel pezzo di Gazzè: nulla è filtrato, nulla è perfetto, e forse per questo è vero e bellissimo. Nulla, di tutto ciò che si è creato sul palco, è stato pre-registrato o confezionato in alcun modo. “Senza paracadute. Siamo meravigliosamente anacronistici”. “La scaletta è frutto di scelte, chiaramente, abbiamo cominciato a ragionarci molto tempo fa – spiegano –. Avremmo potuto suonare per sei ore, ma bisognava trovare un equilibrio rispetto alle esigenze di un live, che prevede dei tempi e un percorso”. 

Alle 19 il via con l’apertura a cura di tre giovani artiste (“tre donne, non a caso”, spiega Gazzè): Anna Castiglia, Emma Nolde e Daniela Pes, già molto apprezzate dalla critica. E poi un video con la voce di Gino Strada, che torna in mente quando i fan sbandierano i cartelli “Stop the war” e sventolano qualche bandiera palestinese durante l’esecuzione de “La mia casa” di Silvestri.

A interrompere il concerto, i contributi video di due amici di sempre, Paola Cortellesi (subito prima di “A bocca chiusa”, brano inserito nel film “C’è ancora domani”) e Lillo, dallo spioncino immaginario di “Sotto casa”.

Una serata di emozioni, di piedi che scandiscono il ritmo, di lacrime, un momento toccante con “Facciamo finta”, la canzone dedicata da Fabi alla figlia scomparsa nel 2010, le 50mila voci che all’improvviso intonano “Tanti auguri per i 57 anni di Gazzè, le foto di gioventù, col divieto di eseguire cover (“e questa è stata una fortuna”), non solo passato ma pure il futuro speranzoso, di loro tre fra vent’anni, “e chissà se ci arriviamo”.

A salutare i tre 50 000 mani alzate, in silenzio, come un campo di grano di dita, come chiede Silvestri “in silenzio, non dite nulla… restate così… è bellissimo”. Un groppo in gola e tutti a casa col cuore carico. Di tutto.

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