Referendum 8-9 giugno 2025

tutto quello che c’è da sapere su lavoro, cittadinanza e diritto di voto

L’8 e il 9 giugno 2025 gli italiani saranno chiamati a esprimersi su cinque quesiti referendari abrogativi. In contemporanea con le elezioni amministrative, si voterà su temi che toccano la vita concreta di milioni di persone: la tutela dei lavoratori, la sicurezza nei luoghi di lavoro, la stabilità occupazionale e l’accesso alla cittadinanza italiana per gli stranieri extracomunitari. Eppure, intorno a questo appuntamento elettorale regna una certa confusione. Poco spazio nei media, nessuna campagna istituzionale e segnali ambigui da parte del Governo, che sembra scoraggiare la partecipazione. Ma il referendum è un diritto costituzionale, un potente strumento di democrazia diretta che in passato ha cambiato la storia del nostro Paese, come nel caso della fine della monarchia (1946), del divorzio (1974) o del nucleare (1987 – 2011). Capire di cosa si tratta oggi è più che mai fondamentale.

I quesiti sul lavoro: tutele, licenziamenti, precarietà e sicurezza

Quattro dei cinque referendum riguardano il lavoro e sono stati promossi dalla CGIL con il sostegno di oltre 4 milioni di firme. Al centro delle proposte c’è la volontà di abrogare norme che secondo i promotori riducono le garanzie per i lavoratori, aumentano la precarietà e indeboliscono la sicurezza nei luoghi di lavoro. Il primo quesito propone di abolire il contratto a tutele crescenti introdotto dal Jobs Act del 2015, che ha eliminato la possibilità di reintegro nel posto di lavoro per i licenziamenti illegittimi nei contratti stipulati dopo il 7 marzo 2015. In caso di vittoria del sì, tornerebbe in vigore la tutela dell’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori, con il diritto al reintegro.

Il secondo quesito mira a eliminare il tetto massimo (oggi di 6 mensilità) al risarcimento economico per i licenziamenti illegittimi nelle piccole imprese, dando al giudice la libertà di valutare caso per caso l’entità del danno. Il terzo quesito riguarda i contratti a termine. Le norme attuali permettono di assumere senza causale per i primi 12 mesi. Il referendum vuole rendere obbligatoria fin dall’inizio una motivazione precisa, scoraggiando l’uso sistematico dei contratti temporanei e favorendo la stabilità lavorativa. Il quarto quesito intende abrogare la norma che oggi limita la responsabilità del committente in caso di infortunio in appalti e subappalti. Con la vittoria del sì, il committente tornerebbe corresponsabile insieme all’appaltatore e al subappaltatore, rafforzando le tutele per i lavoratori impiegati in questi ambiti.

Il quesito sulla cittadinanza: dimezzare i tempi per diventare italiani

Il quinto quesito affronta un tema cruciale per l’integrazione: l’accesso alla cittadinanza per gli stranieri extracomunitari. Attualmente, chi risiede in Italia in modo legale e ininterrotto può richiedere la cittadinanza solo dopo 10 anni. Il referendum propone di dimezzare questo tempo a 5 anni, facilitando l’inclusione di chi vive stabilmente nel nostro Paese, lavora, paga le tasse e spesso ha figli nati o cresciuti in Italia. Resterebbero invariati gli altri requisiti (reddito, assenza di precedenti penali, conoscenza della lingua italiana). Se il referendum dovesse passare, oltre 1,4 milioni di persone che già sono nel nostro Paese, diverrebbero italiani.

Come si vota: orari, documenti e diritti per residenti all’estero o fuori sede

Si voterà domenica 8 giugno dalle 7:00 alle 23:00 e lunedì 9 giugno dalle 7:00 alle 15:00. Per votare occorre recarsi nel proprio seggio con tessera elettorale e documento di identità valido. I cittadini italiani residenti all’estero (AIRE) riceveranno automaticamente il plico per votare per corrispondenza. Anche chi è temporaneamente all’estero per studio, lavoro o motivi di salute può votare per posta, presentando una richiesta al Comune di residenza in Italia entro i termini previsti. Per la prima volta, anche gli studenti e lavoratori fuori sede da almeno tre mesi in un’altra provincia italiana potranno votare nel Comune in cui si trovano, previa domanda formale e documentazione da presentare almeno 35 giorni prima del referendum.

Come funziona il referendum abrogativo: il ruolo del quorum

Ogni cittadino riceverà cinque schede di colore diverso, una per ciascun quesito. Si vota tracciando una X sul SÌ per abrogare la norma indicata, oppure sul NO per mantenerla in vigore. Affinché il referendum sia valido, è necessario che si raggiunga il quorum: almeno il 50% + 1 degli aventi diritto deve votare. Questo rende cruciale la partecipazione, perché l’astensione favorisce il mantenimento delle leggi esistenti. Chi sceglie di non votare, di fatto, rafforza il fronte del NO.

Perché è importante: una scelta concreta per i diritti

Il referendum dell’8 e 9 giugno tocca temi di grande rilievo sociale: la possibilità di reintegro in caso di licenziamento ingiusto, la lotta alla precarietà, il rafforzamento della sicurezza sul lavoro, il diritto di diventare cittadini italiani per chi vive qui da anni. Non si tratta solo di cavilli giuridici, ma di diritti reali e quotidiani. Partecipare al voto è un modo per esercitare un potere fondamentale previsto dalla nostra Costituzione: quello di decidere direttamente sulle leggi che regolano la nostra convivenza. In un momento storico in cui la partecipazione politica sembra declinare, il referendum rappresenta una rara occasione per far sentire la propria voce.

Il silenzio istituzionale e il disinteresse mediatico non devono ingannare: il referendum è uno strumento potente nelle mani dei cittadini. In passato ha contribuito a grandi svolte per il nostro Paese. Anche oggi può segnare un cambio di rotta. In fondo, che si scelga di sostenere o di bocciare il cambiamento, il punto è esserci. Perché votare significa partecipare, far sentire la propria voce, dimostrare che ci siamo. Anche un “no” consapevole è meglio del silenzio.

Riccardo Pallotta©

Articoli simili

Festival des Cabanes di Villa Medici

Giornata mondiale delle mangrovie

Amaretto, il liquore dolce della tradizione lombarda