PANDEMIA TRA SCUOLE E UNIVERSITÀ: FINALMENTE LA PAROLA AI GIOVANI

La pandemia da Covid-19 ha sconvolto la quotidianità di ognuno: è stato un anno che ha messo tutti a dura prova, ci ha posto di fronte ad innumerevoli ostacoli e, purtroppo, non è ancora finita qui. In questo articolo si è voluto dare spazio alla voce dei giovani, in modo da poter osservare la situazione anche dal loro punto di vista.

Sette ragazzi e ragazze, alcuni frequentanti le scuole superiori, altri le università, hanno risposto a sette domande, regalandoci ognuno una propria idea e prospettiva sul presente e sul futuro.

Andrea, ormai è trascorso più di un anno dall’inizio della DAD (didattica a distanza). Ci sono sia dei pro che dei contro in questa modalità d’insegnamento e apprendimento? Come la vedi dal tuo punto di vista?
Ormai, dopo un anno di DAD, si possono iniziare a tirare le fila di tutte le esperienze, dell’importanza e dei limiti di questa modalità d’insegnamento. A me piace distinguere da un lato la didattica in sé, quindi l’aspetto più nozionistico della scuola, come le lezioni, durante le quali mi sono comunque trovato bene: c’è stata molta più autonomia ed è stata data più responsabilità agli studenti, quindi un elemento importante se la si guarda in un’ottica universitaria. Ovviamente, chi vuole ascoltare, o vuole prendere appunti lo fa e rimane sempre presente e costante, mentre chi non partecipa si troverà male in futuro, ma questo poi sta alla coscienza dei singoli.
Per quanto mi riguarda, non ho avuto difficoltà nello studio o ad ascoltare le lezioni, anche perché la maggior parte dei professori utilizza dei supporti multimediali, come eravamo soliti fare in classe. Infatti, secondo me, la DAD ha peccato più nell’aspetto bello della scuola: i rapporti umani che andiamo a creare nella classe. Per quanto puoi scriverti con gli amici o chiamarli, io mi sono reso conto, andando a scuola in quei pochi mesi di anno scolastico 2020/2021, che il rapporto umano con i nostri compagni è qualcosa di unico: scherzare durante una lezione, parlare, scambiarsi un’occhiata, ma anche perdere del tempo con i professori e confrontarsi. La didattica in presenza aveva la capacità di farti vivere i momenti più piacevoli della scuola, mentre a distanza tutto diventa solo una nozione o un capitolo da studiare. Se penso al tempo che avrei potuto passare con i miei compagni, creando dei veri momenti tra quei banchi, capisco che la DAD è qui che ha davvero peccato.

Andrea, 18 anni, liceo scientifico

Gaia, come affronti lo studio in questa situazione? Riesci a trovare la voglia e la motivazione? Il tuo rendimento è calato, migliorato o è rimasto pressoché invariato?
Con la situazione della DAD non mi sento molto motivata, a distanza ci si distrae molto più facilmente. A scuola le lezioni erano più interattive, i professori riuscivano anche a capire dalle espressioni di noi alunni se avessimo capito i concetti o meno. Ora, a distanza, con le videocamere disattivate, è tutto più difficile, sia per gli studenti che per i professori. Le continue distrazioni comportano un carico maggiore di studio per recuperare. Per esempio, io frequento il liceo scientifico, quindi le materie più importanti sono matematica e fisica, perciò se mi perdo dei passaggi devo poi riascoltare le lezioni o colmare le lacune da sola, studiando sul libro o su internet. Questo purtroppo è un brutto vizio che tutti hanno assunto durante la DAD. Sono consapevole che non bisogna farlo, a volte cerco di concentrarmi, ma è inevitabile distrarsi a casa, con il telefono o la famiglia. Sto soffrendo molto questa situazione e non vedo l’ora di tornare a scuola con i miei compagni.
Il mio rendimento è migliorato, ma non per ragioni di “scopiazzatura”, ma perché nel tempo sono cambiata io e il modo in cui mi approccio alle materie e allo studio.
Mi sento di dire che è importante non ridursi all’ultimo e studiare costantemente: questo lo dico anche a me stessa. Coloro che approfittano della didattica a distanza per copiare si ritroveranno male in futuro, soprattutto chi il prossimo anno, come me, dovrà affrontare l’esame di maturità.

Gaia, 18 anni, liceo scientifico

Alexandra, stai frequentando l’ultimo anno di scuola superiore. In che cosa consisterà l’esame di maturità quest’anno? Credi che alla fine dell’anno scolastico possiederai gli strumenti adeguati per affrontare questo grande “momento di passaggio”? Ti senti motivata ad affrontare il tuo futuro dopo il liceo o questa situazione ti fa sentire spaesata?
L’esame di quest’anno sarà molto particolare, si svolgerà in forma orale e ogni professore farà delle domande specifiche all’alunno sul programma svolto durante l’anno. Oltre a ciò, dovremo preparare anche un elaborato che verterà sulle materie di indirizzo, nel mio caso, dato che frequento il liceo classico, saranno greco e latino. A partire da queste due materie il discorso si allargherà, arrivando a toccare anche tutte le altre discipline, attraverso le domande di ogni professore.
E’ difficile rispondere alla domanda riguardo alla possibilità di avere o meno gli strumenti adeguati in vista del futuro. Sicuramente la DAD ha dei lati negativi oggettivi: la concentrazione è il tallone d’Achille di molti alunni, anche della sottoscritta: le mille “vie” di decontrazione che si hanno a disposizione, essendo tutti separati, come il cellulare o la famiglia intorno, vanno a discapito dell’apprendimento. D’altra parte tutto sta nell’atteggiamento di ognuno: ovviamente, posso decidere di “barare” copiando, cosa effettivamente più semplice e fattibile attraverso il computer, ma se sono una persona volenterosa e che non vuole ritrovarsi in futuro con delle lacune, allora mi impegno e l’atteggiamento che assumo si adegua a questa situazione difficile.
Per ciò che riguarda il mio futuro, parlando sinceramente, mi sento molto spaesata: se, infatti, penso che sto per concludere il mio percorso da liceale e iniziare quello universitario senza sapere nulla e con mille idee in testa, vedo il vuoto davanti. Non so se potrò vivere concretamente questa esperienza molto importante: stringere nuove amicizie, incontrare i professori, godermi l’ambiente universitario stesso. Se queste cose non si vivono, va un po’ a perdersi il senso generale dell’università; certamente rimane lo studio, ma quella sarebbe una grande parte che viene sottratta e questo mi ferisce.
Stiamo vivendo una situazione molto particolare e complicata, che ci ha posto di fronte a molteplici difficoltà e spesso le voci degli alunni vanno in secondo piano. Dare una piccola importanza anche alle parole dei giovani sarebbe molto importante, perché noi rappresentiamo il futuro e, attraverso una buona educazione, si avrà un futuro migliore, proprio perché i giovani saranno coloro che andranno a rappresentare il nostro paese. Per questo, secondo me, bisogna puntare sull’educazione e dare ascolto a chi, come noi, sta vivendo questa situazione dal punto di vista scolastico

Alexandra, 18 anni, liceo classico

Tu Camilla, invece, stai frequentando il secondo anno di università. A quale facoltà sei iscritta e dove studi? Che cosa ti manca principalmente della tua vita universitaria pre-Covid-19?
Io frequento l’università Ca’ Foscari a Venezia e seguo il corso di Lingue Orientali, nello specifico Giapponese e come seconda lingua Coreano. Credo che gli aspetti che più mi mancano dell’università possano dividersi in quelli relativi alla vita universitaria nel suo complesso e quelli che, invece, riguardano specificatamente  lo studio. Per quanto riguarda la prima, direi che mi mancano le esperienze, tutto ciò che abbiamo iniziato e che poi è “saltato per aria” a metà del percorso: quindi le amicizie, la possibilità di conoscere nuove persone. Mi manca l’autonomia che avevo, in una situazione lontano da casa in cui devi gestirti da solo e non hai supporti esterni. Io, ad esempio, vivo all’interno di un campus ed ero abituata a trascorrere le serate con gli amici, cosa che ora non posso più fare.
Per quanto riguarda lo studio mi mancano, per assurdo, gli esami in presenza! Quelli online sono stati una rivoluzione, ma mi manca stare i minuti prima dell’esame con i miei compagni di corso, condividere l’ansia e quella sensazione di essere tutti sulla stessa barca, un supporto che a distanza è di molto inferiore.
Poi, mi mancano le lezioni in presenza, soprattutto le esercitazioni con i madrelingua: il Giapponese è molto difficile, quindi si ha bisogno di questo tipo di confronto diretto. Mi manca stare con i miei compagni di corso, vedere che non sei l’unico ad essere in ansia perché hai capito una cosa invece di un’altra! Direi che tutto si basa sul confronto diretto: durante le lezioni online tutti hanno le videocamere spente per la maggior parte del tempo e ci si sente più lontani. Inoltre, sento anche la mancanza dell’ambiente relativo allo studio: la capacità di concentrazione che avevo quando stavo all’interno del campus era di molto maggiore rispetto a quella che ho ora a casa, insieme ai miei familiari. Vedere altre persone che studiano, che sono lì per fare quello che fai anche tu, ti sprona e comunque anche gli spazi fisici sono molto più ampi. A casa io e mia sorella dobbiamo condividere lo spazio e questo, a volte, può rivelarsi un problema.

Camilla, 20 anni, facoltà di Lingue Orientali

Gabriele, anche tu frequenti il secondo anno di università. Che cosa studi e dove? Durante questo anno di pandemia come sono cambiati i tuoi rapporti con amici e familiari e come hai gestito la tua vita universitaria in questo periodo?
Io studio Fisica a Bologna e sono anche allievo del Collegio Superiore. Quest’anno, a partire da settembre, ho vissuto in maniera più o meno stabile a  Bologna, rientrando a casa ogni mese/mese e mezzo. Finché c’erano le regioni aperte sono anche venuti a trovarmi i miei genitori. Quello che posso dire è che, in generale, la pandemia ha influito moltissimo, per quanto mi riguarda, sui rapporti familiari: fino allo scorso anno, quando la mobilità era semplice, ero abituato a tornare a casa ogni due settimane, da quest’anno non è più così, perché la mobilità è molto più complessa: ogni volta che torno, ad esempio, mi sottopongo a tampone per evitare situazioni di rischio.
Non ho più quel rapporto di vicinanza con i miei familiari, ma un rapporto che si coltiva di più nella lontananza. La scelta di trascorrere questi mesi a Bologna, scelta comunque sofferta, è stata dovuta alla necessità, da parte mia, di coltivare altri rapporti che, ad Ancona, dove vivo,  sarebbero molto più difficili da coltivare, date tutte le restrizioni presenti. Di questi rapporti creati sono contento, infatti, con molte persone ora mi trovo in una situazione di confidenza davvero intima. E’ stata una scelta presa in seguito alla necessità di avere altro oltre alla famiglia. Dall’altra parte della bilancia, c’è stato anche un cambiamento con gli amici: quelli ad Ancona riesco a vederli difficilmente, ma a Bologna, con alcuni ragazzi, ho creato dei forti legami.
Inoltre, dal mio punto di vista, è cambiato anche totalmente il modo di approcciarsi alla realtà: i nostri progetti a lungo termine sfumano, non sappiamo come sarà la situazione in un determinato periodo e siamo, quindi, costretti a ragionare più nel breve termine.

Gabriele, 20 anni, facoltà di Fisica

Lorenzo, so che sei uno studente modello, dove studi e quale facoltà frequenti? Che cosa ti aiuta a trovare la motivazione per affrontare gli esami? Potresti dare qualche consiglio ai tuoi coetanei su come gestire al meglio lo studio in questo periodo di isolamento e tristezza?
Io studio a Bologna e frequento la facoltà di Lettere Moderne. Per quanto riguarda ciò che mi aiuta a trovare la motivazione per affrontare gli esami, direi che, sicuramente, togliersi un esame equivale a togliersi un peso. Inoltre, dopo un esame ti ritrovi con una grande soddisfazione: hai fatto quello che ti eri prefissato, non è mai scontato superare un  esame e riuscire nel tuo intento ti porta la consapevolezza che ne ricaverai un grande appagamento. Ai miei coetanei direi che è importante conoscere se stessi, conoscere i propri punti di forza e i propri limiti. Mi spiego: è necessario cercare un metodo di studio che possa mettere in risalto i tuoi punti di forza e la consapevolezza dei tuoi limiti, perché, una volta che li conosci, è bene non superarli. Mi riferisco soprattutto ai limiti di concentrazione e ai limiti psicofisici. Tutti li abbiamo e non è sempre una buona cosa cercare di andare oltre: lo strafare rischia di essere un’arma a doppio taglio. Un altro consiglio che mi sento di dare, in particolare da ragazzo Siciliano e quindi da persona che vive accanto al mare tutto l’anno ( eccetto quando sto a Bologna), è cercare di uscire, di dedicare allo studio il giusto tempo, non concedergli più di quello che necessita e fare altro, anche cantare, ballare, cucinare, qualsiasi altra cosa, in modo da mantenere la mente elastica.

Lorenzo, 20 anni, facoltà di Lettere Moderne

Emma, tu frequenti il primo anno di Lingue e Letterature Straniere, ma so che non è stato un percorso facile. Potresti raccontarmi che cosa ti ha portato a compiere questa scelta universitaria, quali ostacoli hai incontrato e come hai trovato la forza e la motivazione, soprattutto in un periodo così complicato?

L’anno scorso mi sono iscritta all’Alma Mater di Bologna e ho scelto, come corso di studi, Giurisprudenza. Il motivo per cui l’ho scelta è che al quinto anno di liceo non avevo la più pallida idea di che cosa studiare all’università e cosa fare nella vita. Giurisprudenza mi sembrava l’unica tra tutte le lauree umanistiche che potesse fungere da passepartout e che, quindi, mi avrebbe aperto diverse porte.
A settembre 2019 mi sono trasferita a Bologna e inizialmente mi sono trovata molto bene, sia a casa che all’università, sono riuscita anche a crearmi un bel gruppo di amici. Dopo un po’, però, ho cominciato a rendermi conto che questa facoltà non faceva per me, la trovavo interessante da un punto di vista informativo, ma non era quello che volevo fare nella vita.
Ha iniziato, quindi, a balenarmi nella testa la possibilità di cambiare facoltà, ma ero molto titubante perché la vedevo come una sorta di sconfitta: sono sempre stata una ragazza che andava bene a scuola, quindi non avevo piacere a fare questo cambiamento.
Per questo motivo, nel primo semestre non ho dato neanche un esame. Dato che avevo anche affittato una casa, ho deciso di continuare comunque a seguire le lezioni del secondo semestre, ma dopo una sola settimana le università hanno chiuso causa Covid. Non sono riuscita a seguire le lezioni online e per tutto il secondo semestre non ho aperto libro. A questo punto, ho iniziato a pensare seriamente di cambiare università. All’inizio del nuovo anno accademico ho fatto il passaggio di corso e mi sono iscritta a Lingue e Letterature Straniere: i primi mesi sono stati euforici, le lingue sono sempre state una passione che avevo accantonato, soprattutto perché le persone intorno a me dicevano che sarebbe stato un percorso che non mi avrebbe portato a nulla nella vita. Ho iniziato a studiare seriamente, ma verso ottobre/novembre i contagi sono aumentati in maniera esponenziale e quindi sono tornata a casa. Per un mese ho faticato molto a riprendere a studiare, mi sono svegliata all’ultimo quando la sessione era alle porte e sono riuscita a dare due esami su quattro, superandoli comunque brillantemente. Dopo di questo sono ritornata a Bologna a seguire le lezioni per due settimane, ma con il nuovo lockdown sono dovuta rientrare. Devo dire che ora mi trovo meglio, mi sono abituata e mi piace avere una mia routine. Ho la motivazione di andare bene agli esami e sono vogliosa a dare il meglio in vista di quello che vorrò fare. Prima non vedevo la luce in fondo al tunnel, mi vedevo in un periodo che non sarebbe mai finito e non avevo motivazione. Ora, con i nuovi vaccini e la curva dei contagi che lentamente sta scendendo, sento come se finalmente stessi studiando per qualcosa. Purtroppo, però, non sono riuscita a conoscere altri colleghi e a farmi degli amici, sono persone che non ho mai visto dal vivo. Fortunatamente, il mio nuovo professore di letteratura inglese si è rivelato davvero stimolante, ci ha fatto mettere in scena una tragedia di Shakespeare in orario extracurricolare e questo mi ha aiutato molto! Vorrei concludere, però, dicendo che non ho risolto definitivamente i miei problemi con lo studio: questo periodo ha privato l’università dell’importanza che dovrebbe avere, faccio fatica ad immedesimarsi nel ruolo di studentessa universitaria, ma sento che comunque riesco a gestirlo meglio di come facevo prima. Spero che il prossimo anno sia ancora meglio, spero di poter conoscere i miei colleghi di persona e scambiare una parola con i miei professori. Non ho mai perso la speranza e non voglio perderla, è l’unica cosa che mi sta facendo andare avanti, senza la speranza, probabilmente, avrei abbandonato anche questa facoltà!

Emma, 20 anni, facoltà di Lingue e Letterature Straniere

Letizia Lombardi

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