Il rospo: ecco perché è associato alla stregoneria

Le credenze popolari associano alla stregoneria una serie di animali; tra quelli che, nell’immaginario collettivo, finiscono più spesso nel pentolone per la creazione di pozioni magiche c’è il rospo. Sorprenderà sapere che non si tratta di una casualità: quest’animale, infatti, è in grado attraverso delle ghiandole di secernere una sostanza tossica che è capace di avvelenare eventuali aggressori. La tradizione che li vede impiegati per la creazione di filtri magici è quindi probabilmente legata al fatto che questa loro capacità era già conosciuta nell’antichità ed impiegata per la creazione di misture più o meno tossiche. La produzione della sostanza (le cosiddette bufotossine) avviene ad opera di ghiandole situate sul dorso dell’animale e si attiva quando c’è la percezione di una minaccia o un pericolo. La sua finalità è quella di difendere il rospo da eventuali predatori, agendo sul loro cuore e sul loro sistema nervoso. La capacità tossica è ovviamente legata al peso del predatore stesso, per questo servirebbero molti rospi per uccidere un uomo mentre uno è in grado di creare solo un’irritazione alla pelle. Per quanto riguarda invece le ghiandole situate nella parte ventrale dell’animale, queste producono un altro tipo di sostanza velenosa che opera un’azione paralizzante. Anch’essa non è comunque letale per l’uomo. Riguardo l’urina del rospo, invece, è priva di fondamento la credenza che la vede essere caratterizzata da proprietà nocive. È infatti costituita da urea come quella di tanti altri animali, uomo compreso.

Glenda Oddi

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