Idromele, il nettare degli Dei tra storia, mito e tradizione

L’idromele, conosciuto anche come bevanda degli Dei, è una delle più antiche bevande alcoliche mai prodotte dall’uomo. Nato dall’unione di tre semplici ingredienti – miele, acqua e lievito – l’idromele affonda le sue radici nella preistoria, molto prima della nascita del vino o della birra. È nel cuore delle saghe nordiche che questa bevanda acquista un’aura mitica, divenendo simbolo di saggezza, potere e immortalità.

Origini antiche e diffusione storica

Le prime tracce d’idromele risalgono a oltre 9.000 anni fa. Reperti archeologici in Cina, Europa orientale e Africa ne attestano la presenza in rituali religiosi e cerimonie aristocratiche. In epoca classica, era apprezzato anche da Greci e Romani, ma è nel mondo nordico e celtico che l’idromele ha mantenuto un ruolo centrale per secoli. La semplicità della sua produzione – miele fermentato con acqua e lievito – l’ha reso  accessibile anche a comunità isolate, che lo consideravano una bevanda sacra, legata alla fertilità, alla guarigione e all’ispirazione poetica

L’Idromele nella mitologia nordica

Nella mitologia norrena, l’idromele è molto più di una semplice bevanda: è un elisir di conoscenza. La leggenda più celebre narra la creazione dell’idromele della poesia, chiamato Skáldskaparmjöðr, ottenuto mescolando il sangue del saggio Kvasir con miele. Questa bevanda speciale donava a chi la beveva l’arte della poesia e l’intelligenza suprema.

Kvasir è una figura mitologica: un essere nato dal sangue di tutti gli Dei Aesir e Vanir dopo una tregua tra loro. Secondo la leggenda, gli dei versarono il loro sangue, unendo i poteri creativi e la saggezza, e dal sangue nacque Kvasir, considerato l’incarnazione della sapienza e della parola. Fu poi ucciso da due giganti, e dal suo sangue mescolato con miele, nacque l’idromele della poesia che conferiva l’arte poetica a chi lo beveva.

Secondo il mito, Odino stesso rubò l’idromele della poesia al gigante Suttung, trasformandosi in aquila per portarlo agli dèi e agli uomini meritevoli: gli scaldi.

Il concetto d’ispirazione poetica, nella cultura norrena, era dunque legato direttamente al consumo di questa bevanda sacra.

Per questo motivo, gli scaldi erano considerati ispirati dagli dei e dotati di un potere quasi magico.

L’idromele era anche servito nelle sale del Valhalla, dove i guerrieri caduti in battaglia banchettavano eternamente, bevendo da corni pieni della preziosa bevanda, servita da valchirie.

La rinascita dell’Idromele e la produzione in Italia

Dopo un lungo periodo di declino, dovuto alla diffusione di vino e birra, l’idromele sta vivendo oggi una vera e propria rinascita. In tutto il mondo si assiste a un crescente interesse per le bevande artigianali e storiche, e l’idromele ne è uno dei protagonisti.

Anche in Italia, diversi piccoli produttori stanno riscoprendo quest’antica tradizione.

In regioni come Piemonte, Toscana, Emilia-Romagna e Sardegna si producono idromeli di alta qualità, spesso aromatizzati con spezie, erbe o frutta locale. Alcune aziende s’ispirano alle ricette storiche, altre sperimentano nuovi abbinamenti, ma tutte mantengono viva la magia di una bevanda che ha attraversato i millenni.

L’idromele non è solo una bevanda: è un ponte tra passato e presente, tra mito e realtà. Assaggiarlo oggi significa riscoprire sapori antichi e connettersi con una tradizione che affonda le radici nei boschi nordici, nei canti degli scaldi e nelle sale degli eroi.

Grazie alla passione di nuovi produttori, anche in Italia possiamo brindare con il nettare degli Dei.

Gli scaldi (in norreno: skáld, plurale skáldar) erano poeti della Scandinavia medievale, attivi soprattutto tra il IX e il XIII secolo. A differenza dei cantastorie popolari, gli scaldi erano poeti professionisti legati alle corti dei re, degli jarl (nobili) e dei capi vichinghi. La loro funzione non era solo artistica, ma anche politica e culturale.

Rosa Maria Garofalo

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