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Roma, il Coronavirus nelle baraccopoli è un’emergenza sociale

L’Associazione 21 luglio presenta l’indagine e lancia l’appello: «A rischio anziani e bambini. Roma mostri il volto di città solidale». La precaria situazione sociale nelle baraccopoli impone interventi rapidi

Il Coronavirus riguarda anche gli abitanti delle baraccopoli di Roma che vivono in condizioni precarie. «Io resto a casa? No. Tu resti a casa. Io resto nel campo. Sta qui tutta la differenza!». È questa frase, pronunciata da un abitante della baraccopoli di Salone, situata nella periferia est della Capitale, l’esordio dell’indagine curata da Associazione 21 luglio per comprendere, dopo 9 giorni dalla sua pubblicazione, l’impatto del decreto governativo “IoRestoaCasa” sui 3.500 abitanti delle baraccopoli formali monoetniche di Roma, ovvero in 6 “villaggi attrezzati” e in 9 “campi tollerati”.

L’Associazione 21 luglio lancia un appello online rivolto alla sindaca Virginia Raggi e al prefetto di Roma Gerarda Pantalone per chiedere di garantire nelle baraccopoli romane la distribuzione dei beni di prima necessità e le condizioni igienico-sanitarie adeguate, assicurando in primis l’accesso all’acqua potabile; di assicurare all’interno degli insediamenti la presenza di operatori sanitari e di mediatori culturali che possano promuovere una campagna informativa e distribuire agli abitanti dispositivi di protezione individuali; di rinforzare e coordinare una rete di volontariato sociale al fine di monitorare in maniera capillare le condizioni igienico-sanitarie e la salute di quanti vivono nelle baraccopoli della Capitale; di predisporre per tempo, in caso di riscontro di una o più positività al Covid-19 all’interno degli insediamenti formali, un adeguato e tempestivo piano di intervento sanitario, al fine di evitare che la città arrivi impreparata a questo evento. Questo appello è la conseguenza dell’indagine svolta dai ricercatori dell’Associazione 21 luglio che hanno voluto conoscere la situazione sociale attraverso interviste telefoniche, realizzate tra il 14 e il 17 marzo 2020, le quali hanno coinvolto 24 soggetti dimoranti presso il “villaggio” di via Cesare Lombroso, di via Luigi Candoni, di via dei Gordiani; di Castel Romano, di via di Salone.

Numeri dell’indagine
«Questi insediamenti, all’interno dei quali vivono circa 2.200 persone tra cui circa 1.050 minori, si caratterizzano – si legge nell’indagine – per il loro carattere segregante e per l’isolamento spaziale e relazionale che ha prodotto nella città di Roma la ghettizzazione di comunità rom in emergenza abitativa in spazi a loro destinati. Ma soprattutto sono segnati da un sovraffollamento interno alle unità abitative dove, in alcuni casi, in container deteriorati di 21 metri quadrati vivono anche 6 o 7 persone. In nessuna baraccopoli è stata segnalata la presenza di operatori sanitari disponibili a distribuire dispositivi di prevenzione o ad illustrare le misure atte a prevenire il contagio. Restano quindi le azioni raccomandate attraverso la tv e che sono praticabili, però, laddove le condizioni igieniche lo permettono o dove almeno c’è disponibilità di acqua corrente (scarsa in via di Salone e utilizzata solo attraverso autobotte a Castel Romano)».

C’è un altro fattore penalizzante dovuto all’impossibilità di svolgere la consueta attività lavorativa. Quando eventuali risorse risultano scarse può essere la solidarietà della comunità ad intervenire. Essa però, in tempi di contagio, dove domina la paura del contatto fisico, rischia di venire meno con conseguenze che nel tempo, per alcuni soggetti, potrebbero assumere una dimensione drammatica. In quasi tutti gli insediamenti sono stati segnalati casi di famiglie con minori o anziani che a partire dai prossimi giorni potrebbero trovarsi nell’impossibilità di disporre di beni di prima necessità. Sono proprio questi ultimi, probabilmente insieme ai bambini, la categoria che, all’interno delle baraccopoli romane, sta pagando il prezzo più alto di un decreto che interviene sulla libertà di movimento e con essa sulla possibilità, per chi vive di un’attività informale, di una sussistenza giornaliera.

Francesco Fravolini

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